È curioso annotare che le due squadre abbiano percorso un sentiero identico lungo la competizione. Anzi, a dirla tutta, erano addirittura inserite nello stesso girone iniziale: poi, il 17 gennaio, i coreani hanno vinto lo scontro diretto a Brisbane (1-0) e, così, hanno saltato l’ostacolo della fase a gruppi da primi della classe con nove punti. Ha risolto tale Lee Jung-Hyup, classe ‘91, attaccante del Sangju Sangmu. Gli australiani, naturalmente, si sono dovuti accontentare della seconda posizione. Le strade si sono divise all’alba della fase ad eliminazione diretta: la Corea ha eliminato l’Uzbekistan ai supplementari (2-0) e l’Iraq in semifinale (2-0), mentre l’Australia si è sbarazzata della Cina (ancora 2-0) e degli Emirati Arabi Uniti (2-0, e allora è un vizio...).
Guidate, rispettivamente, dai ct Ange Postecoglou e Uli Stielike, l’Australia e la Corea del Sud hanno indovinato la ricetta per riprendere il volo dopo essere precipitate nel mare della delusione alla fine del Mondiale brasiliano dello scorso anno. Uscite entrambe al primo turno, del resto, avevano disegnato i contorni di un crollare completo. Certo, la coppa d’Asia non è neppure lontanamente paragonabile al Mondiale, eppure l’australiano Postecoglou e il tedesco Stielike hanno saputo ricostruire le squadre attraverso i mattoncini della semplicità. Hanno attinto generosamente dalla Bundesliga e, in generale, dai bacini dei campionati del nord Europa, e hanno disposto le pedine sul tavolo. L’Australia insegue il primo trionfo della storia; la Sud Corea il terzo. La finale di domani è un premio meritato.