I 96 morti nella tragedia di Hillsborough
Il ricordo del cronista 25 anni dopo

I 96 morti nella tragedia di Hillsborough Il ricordo del cronista 25 anni dopo
di Gabriele De Bari
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Martedì 15 Aprile 2014, 18:04 - Ultimo aggiornamento: 18:32
Sono passati 25 anni dalla terribile tragedia di Hillsborough ma la commozione, i brividi e il ricordo nitido sono gli stessi di quella caliginosa domenica mattina di aprile quando arrivai nel centro di Sheffield. E' come se il tempo si fosse fermato e, dagli archivi della memoria, tornano tante immagini agghiaccianti di quella che doveva essere una festa di calcio e che divenne la più grande sciagura in uno stadio inglese.



Sheffield era una città fantasma, che si svegliava ancora attonita e incredula per quello che era accaduto la notte prima allo stadio, nei minuti antecedenti alla semifinale di Coppa, tra il Nottingham e il Liverpool. Non c'era un taxi e dovetti arrivare a piedi in hotel, dopo aver viaggiato un'intera notte, attraversa mezza Europa: partenza da Liegi, in Belgio, fino a Parigi dove riuscii, alle 6 del mattino, a fare il biglietto per imbarcarmi su un volo diretto a Londra. Per poi raggiungere la città del disastro a bordo di un'auto a noleggio, in compagnia di un collega francese.



Le notizie, che arrivavano frammentarie dall'Inghilterra, parlavano di una sciagura dalle dimensioni incredibili ma non erano chiare le cause che l'avevano provocata. Si parlava di un crollo allo stadio, però non era così e non si conosceva neppure il numero dei morti, che saliva di ora in ora. In totale persero la vita 96 persone, 94 allo stadio, altre 2 in ospedale. La responsabilità venne addossata alla Polizia, colpevole di aver gestito male la situazione davanti all'impianto sportivo.



I tifosi del Liverpool, caricati, a causa di un ordine sbagliato del responsabile alla sicurezza, cercarono di sfuggire alle cariche entrando di corsa nel loro settore che, purtroppo, era già quasi pieno. Fu una carneficina. Quelli che avevano preso posto, nel tentativo di trovare una via di fuga, morirono soffocati e schiacciati contro la rete metallica, molti erano donne e bambini. Si salvarono soltanto quelli che riuscirono a scavalcarla, saltando all'interno del campo da gioco. Erano tutti tifosi del Liverpool.



Non capita spesso a un giornalista sportivo dover commentare un evento tragico di queste dimensioni, che ti lascia senza parole, sbigottito e distrutto. Con immagini, momenti e ricordi che ti porti dentro per tutta la vita e che, ogni tanto, tornano persino ad agitare i sogni. L'immagine più agghiacciante che mi porto dentro è quella vista entrando negli spogliatoi dello stadio, alle 10 del mattino: un'interminabile fila di bare affiancate, morti che aspettavano di essere pianti da parenti e amici.



Una scena sconvolgente davanti alla quale piansi a lungo, un pianto spontaneo che mi colse di sorpresa, un groppo alla gola che mi torturò per l'intera giornata e che torno, insieme alle lacrime due giorni dopo allo stadio del Liverpool. Il prato dell'Anfield Road, infatti, non si vedeva perché era tutto coperto di fiori, sciarpe e bandiere portate dai tifosi e dai loro parenti. Una commozione che non puoi contenere, così anche io acquistai un mazzetto di gerbere e le posai sul terreno. Liverpool era una città ferita, quasi tutte le famiglie, infatti, erano interessate alla sciagura: o perché parenti o perché amici dei morti. I feriti furono centinaia, ricoverati in 2 ospedali di Sheffield, alcuni subirono menomazioni permanenti. I feriti ricevettero la visita della principe Carlo e della Principessa Diana. Mentre la Lady di ferro, Margareth Teacher, premier inglese, effettuò personalmente un sopralluogo allo stadio di Hillsborough, bersagliata da centinaia di flashes, con un rumore assordante che arrivava fin sulle tribune riservate ai giornalisti.



Anche Blatter e Platini hanno ricordato l'immane tragedia, che ha segnato per sempre le città di Sheffield e Liverpool dove sono stati effettuati 96 rintocchi di campane per ricordare le vittime di quell'indimenticabile 15 aprile 1989. Una data da ricordare anche per evitare che si ripetano eventi tragici e perché lo stadio resti comunque un luogo di gioia per gli appassionati.