Enigma Argentina: senza Messi si spengono anche le altre stelle

La delusione di Angel Di Maria
di Benedetto Saccà
3 Minuti di Lettura
Giovedì 30 Marzo 2017, 10:47
Da questa parte dell'oceano sarà una carenza, sarà una tara risulta irragionevole comprendere. Francamente noi europei non capiamo come una nazionale che possa disporre di fuoriclasse come Leo Messi, Gonzalo Higuain, Sergio Aguero, Ezequiel Lavezzi, Paulo Dybala e Angel Di Maria riesca a perdere contro il Paraguay e la Bolivia (già accaduto...) e, in definitiva, rischi di non qualificarsi ai Mondiali. Un'assurdità. Eppure l'Argentina guidata dal 59enne Edgardo Bauza, un tecnico capace di conquistare la Coppa Libertadores per due volte, negli ultimi giorni ha firmato il capolavoro di rotolare negli abissi della confusione tattica e della paura tecnica. Nel pomeriggio de La Paz il timore è divenuto tremore; e il tramonto, notte fonda. Perché, in novanta-minuti-novanta, l'Albiceleste vice campione del mondo è caduta al quinto posto del girone delle qualificazioni sudamericane al torneo del 2018 e, non fosse abbastanza, si è complicata la vita al punto che adesso, per volare in Russia, dovrebbe disputare perfino uno spareggio con la promossa delle eliminatorie dell'Oceania. Insomma il quadro è serio, ma non grave; almeno per il momento. Del resto tutti immaginano (e nessuno dice) che in fondo l'Argentina troverà la strada giusta per accedere ai Mondiali.

«PAROLE AL VENTO»
A inquietare i tifosi e la critica è piuttosto il faticare continuo e logorante della squadra. Sommando allo scenario l'accredito già timbrato del Brasile, peraltro il primo dell'intera rassegna russa, è un nulla delineare un'immagine che restituisca il profilo esatto del sentimento argentino. Come si sa, Messi è stato squalificato per quattro turni («Erano solo parole al vento», avrebbe spiegato Messi secondo la nota di difesa della federcalcio argentina): per cui, nelle prossime tre sfide ufficiali, dovrà rimanere ai bordi del campo (infiniti, o giù di lì, i festeggiamenti del Barcellona). Rientrerà il 10 ottobre in Ecuador nell'ultima gara delle qualificazioni, il fuoriclasse del Barça, che finora ha regalato l'83% dei punti alla propria nazionale. Dunque nei mesi a venire ogni interesse e nessuna cautela saranno rivolti a Bauza, che dovrà consumare le notti a studiare una soluzione capace di salvare se stesso e il buon nome dell'Argentina. L'esilio forzato di Mauro Icardi e l'impiego dello sconosciuto Pratto e di Roncaglia, poi, rendono il tecnico indifendibile nell'intera galassia. Sulla sconfitta argentina de La Paz si sono costruite d'altronde cattedrali di ipotesi: e al fiume delle polemiche si è potuto opporre soltanto l'argine dell'alibi legato all'altitudine della capitale boliviana, posata a 3.600 metri sul livello del mare, là dove l'ossigeno alle volte è una diceria. Ma a Buenos Aires e a Cordoba, a Rosario come a La Plata, a suscitare il batticuore è il dubbio che le pietre cadute in Bolivia siano la premessa di una frana capace di seppellire il futuro a medio raggio dell'Albiceleste. Non è semplice rispondere comunque alle domande tattiche che affiorano dalle partite dell'Argentina. Immersa nelle nebbie per lungo tempo, la federazione di Buenos Aires ora cercherà di rinnovarsi nelle idee e nella linearità delle decisioni grazie al nuovo presidente Claudio Tapia. Difficile, eppure non impossibile. Dalla visione del ct Bauza dovrà però riprendere il volo la squadra. Per un paradosso particolare, la fortuna e insieme la sfortuna del tecnico sono racchiuse nello smisurato valore degli attaccanti. Con un reparto da PlayStation, non vincere è più una contraddizione, una stravaganza che una colpa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA