Mourinho e Guardiola, chi trova un nemico trova un tesoro: sabato è derby e duello a Manchester

Mourinho e Guardiola, chi trova un nemico trova un tesoro: sabato è derby e duello a Manchester
di Matteo Sorio
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Giovedì 8 Settembre 2016, 08:50
Più che un duello, una serie tv. Pep & Mou. O Mou & Pep. Chi trova un nemico trova un tesoro. La location è itinerante e l'episodio numero 17 (a tre anni dall'ultimo) si gira in Inghilterra: nelle puntate precedenti, otto vittorie di Pep (Barcellona, Bayern Monaco) e tre di Mou (Inter, Real Madrid). E quindi: bollori nella fredda Manchester. L'ora di pranzo di sabato (12,30 inglesi) sarà l'ora in cui Inghilterra, Europa e mondo ordineranno i pop-corn: il derby sul grande schermo dell'Old Trafford, United contro City, è l'eterno ritorno dell'incrocio tra due forze uguali (per intensità) e opposte (per qualità). E cioè: José Mourinho, l'attaccabrighe da calcio concreto ai limiti del parossismo (il «tutti dietro» di quella semifinale di Champions, Barcellona-Inter, al Camp Nou) e Josep Guardiola, il catalano molto british del calcio totale ai confini col balletto (vedi tiki-taka e una vecchia frase, «deve correre il pallone, non gli uomini»). La classifica di Premier League li vuole uguali: primato a punteggio pieno. La storia li vuole insieme nella Cantera professionale: era il Barcellona degli anni 90 e se oggi Mourinho-Guardiola è un cult lo si deve anche a Bobby Robson e Louis van Gaal.
 
UN «CLASICO»

Di qua: il pragmatico Mou, 23 titoli (tituli, pardon), portoghese di 53 anni con un passato trascurabile sul campo, radici a Setúbal, vincente in patria, Inghilterra e Italia, 16 milioni di euro di stipendio e 934 spesi sul mercato negli ultimi dieci anni (portafogli di Chelsea, Inter, Real Madrid, Man Utd: ogni trofeo è costato 62.3 milioni). Di là: l'estetico Pep, 21 titoli, 45 anni, gloria in Spagna e Germania, il vecchio occhio del regista che sapeva dove lanciare già prima di ricevere palla (era bellezza quasi da fermo), iberico con la Catalogna nel cuore, 18 milioni di busta paga che ne fanno il Paperone degli allenatori e circa 750 milioni di spese commissionate negli ultimi due lustri (36.1 milioni, il prezzo di ogni suo trofeo). Nel Barcellona di vent'anni fa, dicevamo, Mourinho era il n.2 in panchina, Guardiola il termometro in mediana. Da Robson, prima, Guardiola annusò l'idea di gioco aperto, offensivo. Da Van Gaal, dopo, Mourinho ereditò tattica e mania dei dettagli. Sono riflessi dell'oggi: Mou e la difesa United da un solo gol in 270', Pep e quel City da nove gol in tre uscite.

ANDATE IN PACE
Il filo è quel Barcellona là. Dove, parola di Pep, «si chiacchierava per ore di cultura pallonara, schemi, spirito, motivazioni ed evoluzioni». La palestra di Mou e Pep. La colla che tiene insieme due allenatori diversi ma simili, entrambi destinati a svettare (conta vincere, cambia solo il modo in cui ci si riesce) ed entrambi rianimatori del battito di Manchester dopo la pressione bassa con Moyes, Van Gaal (Utd) e Pellegrini (City). Ultimo ricordo, quel Barça, di Mourinho e Guardiola senza il pepe in mezzo. Perché al netto dell'odierno tepore, Mou & Pep, o Pep & Mou, vuol dire confronti, paragoni, stilettate. Mourinho (Io esiste) accentra i fari su di sé poi punge: l'ha fatto con tutti, quindi anche con Guardiola. Specie quando, in Spagna, o vinceva uno o vinceva l'altro. Dal repertorio più trash: «Se ami quello che fai non perdi i capelli. Guardate Guardiola: non gli piace il calcio». Finché l'altro, aplomb dalla nascita, non si allentava la cravatta: «Io e Mourinho uguali? Voglio che la gente non si vergogni di me». La gente del calcio, fin qui, s'è imbevuta (comunque) di Pep & Mou. È il derby dei Pogba e Ibra (Utd) contro i De Bruyne e Nolito (City). Ma è anche il derby di due Special Ones.