Dalla fabbrica alla vetta della Premier, il Leicester sogna con Vardy

Dalla fabbrica alla vetta della Premier, il Leicester sogna con Vardy
di Benedetto Saccà
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Lunedì 30 Novembre 2015, 10:14
Il numero nove del Leicester City ha 28 anni e si chiama Jamie Vardy: Jamie Richard Vardy, per l'esattezza. Da sabato pomeriggio, ci spiega lui, è «over the moon», letteralmente sulla luna, perché ha riscritto uno dei record più meravigliosi della storia della Premier League. Ha segnato per undici partite di campionato in sequenza. Un'acrobazia fantastica. Tanto che il raccolto complessivo di 14 reti ora gli vale la vetta della classifica dei cannonieri. «Grazie a tutti. Sono sulla luna per questo traguardo, ma c'è ancora un sacco di lavoro da fare!», ha esultato su twitter, 103 mila tifosi a seguirlo. Del «sacco di lavoro da fare» è facile intuire il reale contorno: eguagliare il primato assoluto di 12 giornate consecutive impreziosite dal gol, stabilito nel 1931 dall'irlandese Dunne dello Sheffield Utd. Difficile? Difficilissimo.

ASPETTANDO LO SWANSEA
Ma a Jamie di recente riesce ogni genere di capolavoro, e d'altronde non certo per caso il suo Leicester adesso comanda la Premier, appoggiato comunque all'esperienza di Claudio Ranieri. L'opportunità di acciuffare Dunne arriverà tra cinque giorni giusti, in Galles, nella sfida con lo Swansea allenato da Monk. Attaccante polivalente, Vardy ora vola leggero e spalanca un sorriso largo quanto l'orizzonte. Però, come spesso accade, dietro, e sotto, ai boati di splendore crepitano pieghe di difficoltà, di fallimenti, perfino di dolori. Vita comune. Per cominciare, va annotato che fino a sole quattro stagioni fa Vardy era, sorprendentemente, un operaio. Lavorava in una fabbrica che produceva fibre di carbonio, e si allenava soltanto dopo aver chiuso il turno, a tarda sera. Il suo primo torneo da professionista, per dire, l'ha giocato nel 2012. Da ragazzino era considerato troppo basso: i club lo accantonavano, e lui, troppo fragile, si lasciò piegare dalla critiche. Smise di giocare: si iscrisse al college e, come si diceva, entrò nello stabilimento di carbonio.

TRENTA STERLINE A SETTIMANA
Alla passione, però, non si può resistere, questo si sa: e così Jamie si unì allo Stocksbridge Park, la squadretta dei dipendenti della fabbrica. Segnava, e tanto, e firmò presto un contrattino da 30 sterline settimanali. Dopo un passaggio di un anno all'Halifax, nel 2011 ecco affiorare l'occasione con la maiuscola: il Fleetwood Town, Conference Premier, il maggiore campionato per i dilettanti. Con 4.200 sterline al mese, Vardy capì che il vento era cambiato e lo assecondò. Salutò la fabbrica e dimenticò le fibre di carbonio: e per la prima volta si dedicò solo al pallone. Poi, nell'estate del 2012, ad alzare le sue ambizioni fu il Leicester, al tempo ancora impelagato in serie B: gli ridisegnò il futuro e lo aiutò perfino a vestire i colori della nazionale inglese nello scorso giugno. Lui ebbe il coraggio di non rifiutare. Eppure, alle volte, qualche fantasma torna a riaffacciarsi: come avvenuto nel 2007, quando Jamie partecipò a una rissa per difendere un amico che indossava un apparecchio acustico. Fu condannato a portare la cavigliera elettronica, Vardy, e ad obbedire a un coprifuoco che si allungava per tutta la notte. «Se le partite in trasferta erano lontane, potevo giocare solo per un'ora. Poi dovevo correre a casa...», ha confidato. Forte di una volontà infinita, oggi Jamie ha scelto di offrire la propria esperienza al servizio dei calciatori meno bravi. Ciò che ha vissuto sarà utile di sicuro a qualcuno. A breve, dunque, inaugurerà una accademia che permetterà ai ragazzi «scartati» di allenarsi con tecnici di valore, e su campi di erba. Perché nessuno, mai, smetta di sognare.