Ciro Esposito, il docufilm su Sky
La mamma: «Ancora attendo verità»
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Ciro Esposito, il docufilm su Sky La mamma: «Ancora attendo verità» Leggi subito sul Messaggero Digital
di Cristiana Mangani
3 Minuti di Lettura
Sabato 12 Novembre 2016, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 00:36
dal nostro inviato
NAPOLI - Non chiude gli occhi Antonella Leardi: quelle immagini le ha viste milioni di volte. E vuole continuare a guardarle, in cerca di una sfumatura, di un particolare. Fotogramma dopo fotogramma, fino al momento in cui suo figlio, Ciro Esposito, 29 anni, una fidanzata con la quale voleva andare a convivere, non crolla a terra, ferito a morte. Le scene scorrono in questo docufilm prodotto da Sky: “L’ultimo stadio” è il titolo. Racconta due ore di guerriglia pura, di follia incontrollata, durante le quali Roma è stata aggredita, ma soprattutto un ragazzo non ha resistito a 53 giorni di agonia.

La mamma Antonella rivede sullo schermo quel maledetto 3 maggio del 2014, quando si sta per giocare all’Olimpico Napoli-Fiorentina, e ogni sequenza è una lama nel cuore. Ciro è in fin di vita, poco prima si sono sentiti distintamente quattro colpi di pistola. Gli amici cercano di soccorrerlo. La dirigente della polizia urla alla radio: «Un’ambulanza, è urgente, hanno sparato, c’è un ferito grave». Le voci si sovrappongono. I soccorsi impiegano un quarto d’ora, mentre i compagni del tifo partenopeo escono fuori da ogni angolo come zombie. La tensione sale. Arrivano i tifosi fiorentini, gli infiltrati romanisti, la polizia è costretta ad attaccare. Regna il caos.

LE PAROLE
Oggi, a distanza di due anni, e con un colpevole condannato in carcere, Antonella dice: «Non è stato solo Daniele De Santis a uccidere mio figlio. I magistrati hanno lavorato tanto, ma la verità intera non è mai venuta fuori. Sin dal primo momento ho capito che di questo ultrà romanista che ha sparato a Ciro si sarebbe saputo poco o niente. Quasi che la sua vita fosse avvolta nel mistero». Procura e Corte d’assise sono convinti che l’uomo non abbia agito da solo, ma è stato impossibile riuscire a individuare gli altri complici.

LA CASA
Nel frattempo ogni minuto della vita di Antonella parla del figlio, ogni sua azione è fatta per mantenerne viva la memoria. Nella casa di Scampia tutto è rimasto come quando lui era ancora vivo. Sullo schermo del televisore che proietta il documentario (andrà in onda domani sera su Sky Atlantic) si vede solo il corpo inerme del ragazzo napoletano, mentre intorno il suo bel viso sorridente ti guarda dal frigorifero, dalle pareti, dai soprammobili della cucina. «La mia paura più grande? - si strugge la madre, mentre l’avvocato Pisani che la ha assistita dal giorno della disgrazia, la conforta - È che giorno dopo giorno il volto di mio figlio si affievolirà nella memoria, e smetterò anche di ricordare la sua voce». Per questa ragione Antonella Leardi ha fondato l’associazione Ciro vive, per continuare la sua battaglia, e organizza incontri nelle scuole, nelle carceri, per tentare di far capire che non bisogna cedere alla violenza. «Ma mi rendo conto - aggiunge - che, nonostante mio figlio sia morto, le cose non sono cambiate per niente, sono sola a combattere contro un sistema che non vuole modificare nulla. E questa è una vergogna». Poi lo sfogo: «In questo periodo ho avuto tanta gente vicina, ma anche persone che mi hanno criticato, avrebbero preferito che rimanessi in silenzio. È facile per tutti parlare di legalità, di quello che andrebbe fatto e di come andrebbe fatto, è un argomento del quale tanti si riempiono la bocca, ma non è a loro che è morto un figlio».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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