Una corsa contro il tempo, contro la burocrazia, contro le falle sistemiche di un'organizzazione che fa acqua da tutte le parti. La mobilitazione parziale voluta da Vladimir Putin, che dovrebbe rafforzare la linea del fronte dopo il contrattacco ucraino, forse è già fallita. Un dossier dell'Isw (Institute for the study of war) offre un quadro impietoso del pantano. «La mobilitazione probabilmente non riuscirà a produrre le forze di riserva anche di bassa qualità che il piano di Putin avrebbe voluto generare, a meno che il Cremlino non aggiusti rapidamente alcuni problemi fondamentali e sistemici». Putin e il ministro della Difesa, Shoigu, avevano annunciato la mobilitazione di riservisti «pronti al combattimento» al fine di stabilizzare la linea del fronte e riprendere l'iniziativa sul campo di battaglia. I blogger militari scrivono però che centri militari di reclutamento, ufficiali e amministrazioni locali stanno arruolando uomini che non corrispondono ai criteri alla promessa di Shoigu di dare priorità a militari esperti.
GLI OBIETTIVI
Oppositori e canali Telegram avvertono che il Cremlino punta a completare la mobilitazione parziale per il 10 novembre e vuole arruolare 1.2 milioni di uomini, e non i 300mila dichiarati pubblicamente. La prima campagna di mobilitazione della Russia post-sovietica «travolge un sistema burocratico inefficiente e demotivato e potrebbe fallire l'obiettivo di generare una forza necessaria in tempi brevi o addirittura mai».
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LE PROTESTE
Circolano i video di persone mobilitate che discutono con gli ufficiali, «rifiutandosi di servire in base a ordini illegali». Malcontento accresciuto dal fatto che i riservisti sono chiamati a combattere una guerra d'aggressione, lontana da casa. I blogger ultra-nazionalisti si augurano che la mobilitazione favorisca un'avanzata nel Donetsk, tuttavia temono che la gestione problematica dei nuovi arruolamenti possa creare le condizioni per una ribellione di separatisti e oppositori, che si aggiungerebbe allo scontento per «ineguaglianze nella creazione di battaglioni di volontari nelle diverse Repubbliche». Il leader ceceno Kadyrov, grande sostenitore di Putin, ha detto in un programma tv che la Cecenia non farà la mobilitazione avendo già ottemperato al 254 per cento ai programmi federali. «Parole poi parzialmente corrette, un indicatore allarmante per il Cremlino se perfino Kadyrov sente il rischio del risentimento popolare per la mobilitazione, e ne ha paura».