Rio 2016, viaggio nella favela Rocinha: la più grande e triste del mondo

Rio 2016, viaggio nella favela Rocinha: la più grande e triste del mondo
di Alfredo Spalla
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Mercoledì 10 Agosto 2016, 11:21
IL RACCONTO
RIO DE JANEIRO Julio cammina con degli aquiloni tricolore in mano. I bambini continuano a fermarlo chiedendogliene almeno uno. «Non posso, mi dispiace», risponde. Li ha ordinati per l'inaugurazione della Casa del Volontario del Coni e non avrebbe il tempo di rifarli. Questa è l'immagine che resta dopo una lunga giornata a camminare fra i vicoli della Rocinha. Si gioca con gli aquiloni, sì, ma si sopravvive soprattutto a una vita difficile, fatta di sacrifici. Mentali e fisici. Più che un covo di narcotrafficanti, Rocinha si presenta come un posto di grandi lavoratori. Persone che ogni giorno salgono e scendono su percorsi faticosi. La spesa a casa la portano i più giovani in spalla, perché in molti punti non si passa né con la macchina né in bicicletta. I moto-taxi, fra i mezzi più diffusi, chiedono 3 reais (0,80 centesimi) per una corsa fino alla base della Rocinha. Cosa si vede, però, all'interno? Da fuori viene mostrata come un'attrazione turistica: «Questa è la più grande favela del Sudamerica», dicono i tassisti passando in macchina. Numericamente potrebbe tranquillamente essere una città italiana. Le statistiche ufficiali raccontano di 69.161 abitanti. A occhio nudo sembrerebbero almeno il triplo. Sandro Gavini, un volontario che vive e lavora alla Rocinha, svela il mistero. «Ufficialmente siamo sotto i 70.000, ma ufficiosamente siamo sui 250.000. Tengono il numero basso per non dover portare i servizi basici alla popolazione».
UNA VERA CITTÀ
D'altronde, la favela è piena di fantasmi civici; gente che per lo stato non ha una residenza fissa, né un nome nella via. La corrispondenza, un po' come nell'Italia di provincia, la tiene il barbiere per tutti. Il suo indirizzo è a disposizione di chiunque voglia farsi un abbonamento. «È gente che lavora, hanno bisogno di un riferimento». Le lettere sono riposte accuratamente in una cassetta della frutta, pronte a essere ritirate dai legittimi proprietari durante il giorno. E i Giochi cosa hanno portato a Rocinha? Una cosa sola: la pax olimpica. La polizia ha momentaneamente rinunciato alla cattura del boss Rogério 157. «Se ne parla a settembre, adesso non è il momento di fare confusione», spiega Carlo Botti, project manager dell'associazione il Sorriso dei Miei Bimbi, finanziata dal Coni e Action Aid. La fazione che comanda la Rocinha si chiama «Amigos dos Amigos», «Gli amici degli amici», come nel più stereotipato dei film mafiosi. Si nascondono nella parte sotto la montagna. È quella più dura. La povertà è presente con tutta se stessa, si vive in case fatiscenti e in mezzo alle fognature aperte, senza che ci sia un servizio di raccolta rifiuti. Se ne occupano alcuni netturbini della favelas, perché il Comune la raccoglie solo sulle strade principali. La Rocinha è solidale: la gente si conosce e si saluta, ma non è immune dalla stupidità umana. «C'è razzismo anche in favela, fra ricchi e poveri, fra bianchi e neri. Non è diverso», racconta Julio. C'è chi ha la casa buona e chi si accontenta di una catasta di foratini. La raccontano come un luogo fantasma da fotografare in lontananza, ma Rocinha è soprattutto un luogo da vivere. Da vicino.