Non un cambio di regime. Neppure la bocciatura di una presidente per fare posto a un nuovo presidente. L’avvicendamento tra Giovanna Melandri e Alessandro Giuli alla guida del Maxxi - che ha molto dato alla Capitale in questi dieci anni - rientra nella normale dinamica delle istituzioni culturali che, a un certo punto, cambiano la governance, intraprendono un nuovo tratto di strada e non c’è nulla che abbia più bisogno di innovazione di un settore - quello dell’arte - che vive all’avanguardia e in prospettiva.
LA FASE
Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha firmato la nomina di Giuli e dunque comincia un’altra fase per il museo forse più internazionale e più glamour della Capitale, nato nel 2010 nell’edificio pieno progettato da Zaha Hadid, a un passo dall’Auditorium di Renzo Piano, e che è diventato nel tempo non solo un luogo di innovazione e di frontiera ma anche una piazza di quartiere (il Flaminio), una piazza per i bambini, una sede di ristorazione chic tra altalene, luminarie e biblioteche-bar dove i ragazzi vanno a studiare, a conoscersi e a riconoscersi.
Ora, in procinto di diventare presidente del Maxxi, Giuli osserva: «Fino al 12 dicembre è Melandri a presiedere questa prestigiosa istituzione. L’ha condotta molto bene. E nella conferenza stampa di oggi metterà giustamente in luce i suoi successi. Non sono io che devo parlare in questo momento, ma è lei. E ha tanto da dire perché ha fatto moltissimo». La nomina di Giuli era nell’aria da un po’. E in questi giorni il presidente entrante e quello uscente si sono parlati. Contatti all’insegna della cordialità. E Melandri ha assunto un atteggiamento molto istituzionale, da civil servant.
Anche con il ministro Sangiuliano, per oltre un’ora, al dicastero del Collegio Romano, l’altroieri Melandri ha intrattenuto un colloquio. Nel quale ha detto al ministro che le sarebbe piaciuto continuare nella sua funzione, ma discontinuità è discontinuità e - senza strappi, senza voler sostituire un’egemonia con un’altra - Sangiuliano le ha fatto notare che la discontinuità è vitale e che comunque potranno esserci occasioni di nuova collaborazione perché la cultura italiana ha bisogno di tutti i suoi talenti organizzativi e guai ad alzare pregiudiziali nei confronti di chicchessia. Specie di chi ha ben meritato.
LA TRANSIZIONE
E insomma, una transizione morbida al Maxxi. Che rientra però in una stagione in cui governa chi non ha mai governato ed è legittimo voler dare segnali di svolta sia pure non traumatica. Il mood di Sangiuliano questo è. Così come quello di Giuli. Che è orgoglioso della propria matrice culturale ma allo stesso tempo è troppo laico, e pragmatico, per scatenare guerre di religione. Poteva magari diventare direttore di qualche tiggì della Rai o addirittura portavoce di Palazzo Chigi, ma ha sempre detto: «Il mio sogno è guidare una biblioteca o un museo». Ora è arrivato il momento e l’occasione è ghiotta assai.
Eviterei di rompere le palle a Alessandro Giuli, che è un quarantenne italiano pieno di talento. Punto #punto
— giuliano ferrara (@ferrarailgrasso) November 23, 2022