Il testo governativo sulla riforma istituzionale è in dirittura d’arrivo. Dovrebbe essere sul tavolo del Consiglio dei ministri a metà settembre, difficile che approdi già giovedì mattina quando è prevista la prossima riunione. «L’ho messo a terra dopo un lungo periodo di ascolto con i partiti, i costituzionalisti, le categorie economiche e i sindacati. Ha ancora bisogno di qualche piccolo aggiustamento» ha detto ieri la ministra delle riforme Maria Elisabetta Casellati, «preferisco andare cauta con i tempi e pesare il contenuto piuttosto che accelerare». Dal dicastero fanno sapere che non è prevista alcuna diminutio delle funzioni del Capo dello Stato, ci saranno pesi e contrappesi necessari a garantire il giusto equilibrio nell’architettura costituzionale e a evitare che la figura del capo del governo possa mettere in discussione i poteri del presidente della Repubblica. E non verrà - questa la rassicurazione - sminuito il ruolo del Parlamento, come conferma anche il leader di Noi moderati Lupi. Ma sull’elezione diretta del capo del governo l’esecutivo tira dritto. Non basta cioè l’indicazione del candidato premier sulla scheda caldeggiata ieri dal leader di Azione Calenda, che intanto nega di aver cambiato idea rispetto al passato. «Ho messo nel programma del terzo polo il Sindaco d’Italia perché era un cavallo di battaglia di Renzi, per lui non negoziabile. E quando si fanno alleanze è normale fare compromessi» ha precisato l’ex ministro. Mentre il senatore di Iv ha rilanciato il suo modello: «Scegliere chi ci governa è giusto. Trent’anni fa l’Italia eleggeva i primi sindaci votati direttamente dai cittadini. Solo chi ha un minimo di memoria istituzionale si ricorda come fosse un disastro andare in consiglio comunale con un sindaco e uscirne con un altro».
Riforme, dal premierato all'autonomia, dalla giustizia al fisco: la roadmap del governo Meloni
IL VERTICE
Meloni lunedì in Cdm ha sottolineato che si è aperta ufficialmente la stagione delle riforme ma sarà necessario attendere il vertice di maggioranza – dovrebbe tenersi tra una decina di giorni - per delineare meglio la road map.
Gelmini: «Il Capo dello Stato resti un arbitro, al premier la nomina dei ministri»
L’OPPOSIZIONE
Sul premierato M5S e Pd annunciano battaglia. «È meglio il presidenzialismo di questo premierato pasticciato che propone la destra», attacca Alfieri, responsabile Riforme dem. La tesi è che così si indebolirebbe il Quirinale, che il presidente della Repubblica diventerebbe residuale. Un’accusa contestata dal ministro delle Riforme che pensa a un ritocco di pochi articoli della Costituzione. In ogni caso però, il Capo dello Stato manterrebbe il potere di scioglimento delle Camere. Al momento è tutto work in progress. «Sarà un modello di premierato “all’italiana”», ha ribadito Casellati che si è augurata un’ampia collaborazione dei partiti affinché si trovi «un punto di caduta e quindi un largo consenso in commissione così come in Aula». La possibile convergenza per ora è solo con Renzi. «Noi andiamo avanti. Far diventare il cittadino arbitro, come diceva la migliore cultura costituzionale italiana, è uno sforzo difficile da realizzare ma doveroso per contrastare l’antipolitica e la confusione», ha detto l’ex presidente del Consiglio mettendo nel mirino l’immobilismo del centrodestra. Il refrain è che il governo e la maggioranza sono divisi: «L’elefante nella stanza si chiama Calderoli che si sta giocando la partita della vita», l’assunto di Renzi. La Lega resta comunque fredda sul tema delle riforme, già nelle settimane scorse ha fatto sapere di preferire il presidenzialismo e di essere preoccupata per il ruolo del Parlamento nel caso si vada sul premierato. Ma il nodo principale resta appunto l’autonomia che - anche perché mancano i fondi da mettere a disposizione per i Lep - il Carroccio vorrebbe portare a casa prima delle Europee.