Brignano: «In questo Paese chi va in bici sfida la morte»

Brignano: «In questo Paese chi va in bici sfida la morte»
di Costanza Ignazzi
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Domenica 23 Aprile 2017, 09:30
«La tragedia di Scarponi è un dolore grandissimo che conferma come l'Italia non sia un Paese per ciclisti. È incredibile se si pensa che la bici è stata inventata proprio da Leonardo Da Vinci e che abbiamo ancora negli occhi le imprese di Coppi, Bartali, Pantani. Noi italiani pensiamo di essere una nazione che va esclusivamente a motore, non viene concepito che ci si possa spostare in altro modo».

Quindi il problema sono le automobili?
«Magari alcuni ciclisti dell'ultima ora non seguono le regole, ma sono in primis gli automobilisti a non rispettare chi va su due ruote. Non concepiscono che la strada sia anche dei ciclisti, sembra sempre che la bici dia fastidio. Così la gente finisce uccisa».

Come si può intervenire per cambiare le cose?
«Migliorando le piste ciclabili. Se e dove esistono sembrano progettate da chi in bicicletta non è mai andato: si interrompono, ti obbligano a scendere per passare sui marciapiedi. A Roma un muretto crollato è stato lasciato sulla pista per anni senza nessun cartello di avvertimento, con il rischio concreto per i ciclisti di cadere nel Tevere».

Le è mai successo di rischiare in prima persona?
«Percorro circa 50 km ogni volta che prendo la bici, quindi mi accade molto spesso. L'ultima volta un'automobilista mi ha insultato malgrado pedalassi quanto più possibile al lato della strada. Per quella persona sarei dovuto scomparire del tutto».
 
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