No a Roma2024, Renzi aspetta il voto formale: 5Stelle incapaci di governare

Renzi
di Alberto Gentili
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Giovedì 22 Settembre 2016, 08:31
Di ufficiale, da palazzo Chigi, non esce neppure un bah. Matteo Renzi vuole attendere la deliberazione formale del Consiglio comunale prima di mettere nero su bianco il suo giudizio. Ma chi ha parlato con il premier del no di Virginia Raggi alle Olimpiadi, racconta di un presidente del Consiglio «decisamente amareggiato».

Tant'è, che con i suoi, Renzi si è sfogato: «La sindaca, per ossequiare Grillo e tentare di superare le faide interne ai Cinquestelle, sacrifica gli interessi della Capitale. Un gesto triste e cinico che nega a Roma il suo futuro, impedendo alla città di cogliere un'occasione straordinaria che avrebbe portato sviluppo e occupazione per almeno 40 mila persone».

Il premier, che ha più volte sentito al telefono il presidente del Coni Giovanni Malagò e lo vedrà oggi per parlare del piano per il rilancio dello sport nelle periferie collegato al progetto olimpico, è convinto che «questa volta Roma ce l'avrebbe fatta». Che la sua candidatura a ospitare i Giochi nel 2024 era «più forte di quelle di Parigi e Los Angeles». Per questa ragione «è ancora più doloroso» il rifiuto della Raggi, su cui pesano le divisioni grilline: «Non riescono a trovare l'assessore al Bilancio e si preoccupano di Roma 2024?», si interrogano a palazzo Chigi, dove aggiungono: «Se dici che nel 2024 non ce la fai, significa ammettere che fallirai nel governo della città. Possibile che in otto anni non riesci a rimetterla a posto? E poi Raggi non aveva promesso il referendum consultivo tra i romani? Questa è l'Italia dei no».

LA LABILE SPERANZA
Eppure, a palazzo Chigi ancora si coltiva una labile speranza. La speranza che le divisioni nei Cinquestelle possano portare alla bocciatura in Consiglio comunale della mozione annunciata dalla Raggi. «Ma è come scommettere su un miracolo», dice uno dei collaboratori del premier. Comunque sia, il Comitato olimpico presieduto da Malagò andrà avanti con il suo lavoro «fino ad atto formale di discontinuità» con la delibera con cui il Campidoglio (in epoca Marino) disse sì al sogno olimpico. Ma questo per ragioni legali. Per non rischiare di incorrere in azioni di responsabilità. Cosa cui andrà invece incontro la Raggi e il Consiglio comunale se, com'è probabile, confermerà il niet alle Olimpiadi.

In gioco ci sono ben 20 milioni di danno erariale, per aver contraddetto quanto affermato in precedenza dalla stessa amministrazione cittadina. Nessuna intenzione di Renzi, invece, di andare avanti a ogni costo. Agli atti restano le parole che ha scandito il 4 settembre: «Se la sindaca Raggi dirà no, nessuno di noi si metterà in testa strani marchingegni per bypassarla, perché rispettiamo il popolo che ha eletto un sindaco. Al sindaco dunque onori e oneri».

Parole pronunciate per correttezza istituzionale. Ma non solo. Il premier è convinto che il rifiuto dei Giochi sarà per la Raggi un clamoroso autogol. Una ulteriore dimostrazione «dell'incapacità dei Cinquestelle» a governare una città come Roma. «Figurarsi il Paese...». Per usare la deputata renziana e romana Lorenza Bonaccorsi, «alla sindaca sarà difficile far digerire questa decisione ai cittadini. Con questo atto i Cinquestelle si dimostrano gente poco seria, imbevuta di preconcetti ideologici fondati sul nulla».

LA RESA AL MALAFFARE
C'è anche un'altra cosa che fa infuriare Renzi. C'è una delle motivazioni con la quale la Raggi ha motivato il suo rifiuto: scongiurare il malaffare negli appalti. Un atteggiamento che secondo il premier è una resa davanti alla corruzione. Perché come ha ripetuto più volte, «non si può dire no alle Olimpiadi in quanto qualcuno potrebbe rubare. Un Paese serio è quello che se qualcuno ruba viene arrestato, non quello dove si arrestano le grandi opere che portano lavoro e riqualificazione delle periferie». Le Olimpiadi a Roma, secondo il premier, «sarebbero state l'occasione per dimostrare, dopo l'onta di Mafia Capitale, che si possono realizzare grandi opere nella massima trasparenza». Occasione ormai persa.