In nazionale l'orgoglio tutto aquilano
di Andrea Masi e capitan Parisse

Sergio Parisse intervistato all'Aquila
di Stefano Dascoli
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Martedì 14 Luglio 2015, 18:44 - Ultimo aggiornamento: 20:44

SANTI DI PRETURO (L'Aquila) - Al raduno dell'Italia Rugby, tra i boschi di Santi di Preturo, a pochi chilometri dall'Aquila, è il giorno dell'orgoglio aquilano di Andrea Masi e Sergio Parisse. I due hanno parlato a lungo delle loro origini e del legame speciale con la città.

«Il mio legame con L’Aquila? Beh, è ovvio qual è (sorride, ndr) - ha detto Parisse - I miei genitori sono tornati l’anno scorso a vivere qui (erano emigrati in Argentina, dove Sergio jr è nato, ndr), mio padre è aquilano, ha vinto il primo scudetto con i neroverdi tantissimi anni fa. E’ venuto allo stadio a vedere gli allenamenti insieme a mia madre, ci siamo fatta una foto insieme. Sono momenti belli perché c’è il legame tra padre e figlio, in particolare tra noi che siamo rugbisti».

PASSATO E FUTURO
Le parole di Parisse affondano anche nei dolci ricordi del passato. Parigi, dove vive dal 2005, sembra lontanissima, vista da qui. «Ho sempre trascorso all’Aquila tre mesi con i genitori e mia sorella, durante le feste. Mi sono allenato tantissime volte con i ragazzini dell’Aquila Rugby. Questa città è nel mio cuore, sono contento che siamo qui con la nazionale. Spero che la nostra presenza possa essere un motivo di spinta e stimolo per tutti gli aquilani. Il tifo? C’era tantissima gente allo stadio, tantissimi familiari».

RITORNO A CASA
Anche per Andrea Masi, in fondo, il ritorno a casa è sempre un po’ speciale. Ha girato tanto (Viadana, Biarritz, Parigi, ora Londra con i Wasps), ma le sue radici sono sempre ben radicate all’Aquila. «Fa sempre piacere stare qui, con la famiglia e gli amici vicini. Siamo stati accolti alla grande dal pubblico, che emozione vedere tanta gente allo stadio!». Masi è un po’ il Cicerone del gruppo che si informa sulla ricostruzione: «Se ne parla, i ragazzi vogliono sapere a che punto siamo con i lavori. La nazionale attira un po’ di attenzione e certamente farà bene alla città anche in questo senso». Il sogno, mai nascosto, è quello di chiudere la carriere dove è cominciata nel lontano, ormai, 1997: «Mi piacerebbe, rimangono pochi anni di rugby, ma finire qui sarebbe davvero bello».

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