Magali, la stella dei Mondiali
che fa innamorare del rugby

Magali Harvey, 24 anni, ala del Canada
di Paolo Ricci Bitti
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Sabato 16 Agosto 2014, 14:42 - Ultimo aggiornamento: 17 Agosto, 23:44

Prendetela e mandatela in giro per il mondo, far innamorare tutti del rugby. Per il modo sopraffino in cui lo gioca – si intende - e non per quegli occhi color ossidiana che gi basterebbero a stendere ogni rugbysta. E' Magali Harvey, la prova provata che il rugby è questione di cervello e tecnica, non di muscoli. La prova provata che le donne possono giocare a rugby come e meglio degli uomini. E pace a chi, non avendo visto in questi giorni la Coppa del Mondo femminile a Parigi, non ci crede. Perché se vede la meta coast to coast della canadese Magali contro la Francia in semifinale, anche l'ultimo dei maschi sessisti sciovinisti rugbysti finirebbe per credere che deve essere davvero tirato giù il muro del pregiudizio e della sufficienza. “Non è sport per signorine” si diceva indicando gli omoni nerboruti e pieni di lividi. No, lo è, lo è.

LA RIVOLUZIONE

La rivoluzione è in corso a – guarda un po' – Parigi e a guidarla c'è questa ragazza di 24 anni (è nata il 16 agosto, buon compleanno) che sta facendo impazzire di entusiasmo la Francia nonostante l'eliminazione delle bleues in semifinale proprio ad opera delle canadesi. Meta decisiva della Harvey, ca va sans dire (vedi il video). Sprint di 90 metri, side step, una finta quasi alla Campese, tre francesi ubriacate e infine il tuffo in bandierina. Da antologia. E se l'è anche trasformata (che polmoni, che lucidità dopo quella sgroppata) dalla linea di touche, con quello stile tutto suo di calcio di punta (piede destro) che fa tornare in mente un'idea, un concetto, un deja vu chiarificatore, per quanto casuale.

CONTAGIOSO

Perché è così bello, trascinante, efficace, immediato il rugby che in Francia ha fatto boom in questi giorni, con tre milioni di spettatori in tv e lo stadio Jean Bouin esaurito? A volte il gioco è così fluido che sembra che si giochi a 7 e non a 15. Risposta facile: è perché queste ragazze giocano come si giocava prima che i muscoli prendessero troppo spesso il sopravvento sulla tecnica. Pur venate di tattiche attualissime, le situazioni e le strategie ricordano – esagero per dare un punto di riferimento - il rugby spettacolare degli anni '70/'80, quello che ti blocca sempre davanti alla tv specie se appaiono le maglie rosse del Galles, quelle bleu della Francia, quelle oro dell'Australia. E allora si calciava fra i pali proprio di punta.

TRENI

Queste ragazze vanno sì in palestra, ma il giusto. Queste ragazze giocano, come fino a 20 anni fa, solo per il piacere di farlo e di rappresentare il proprio paese. Piacere che, si sa, non ha prezzo. Queste ragazze (bellissime da fermare i treni come Magali, carine e tipe, nella stesse proporzioni di una squadra maschile in cui non sono tutti Mirco Bergamasco o Shreck) pensano a fare meta preferendo aggirare l'avversaria rispetto ad asfaltarla. Le mischie di queste ragazze non sono una noiosa serie infinita di crolli. Poi, non mancano carrettini e cariche devastanti, sempre vero rugby è.

VILLEPREUX

La Francia è impazzita per questi Mondiali e per questo rugby contagioso e non perché ha visto il calendario sexy che pure Magali e compagne hanno interpretato nel 2012 per tirare su qualche dollaro e pagare maglie, scarpini e biglietti. E l'attesa per la finale tra Canada e Inghilterra (domenica hanno vinto le inglesi 21-9, tre piazzati di Magali) ha rubato vaste fette di attenzione alla ripresa del Top 14 (la serie A dei maschi) e anche agli Europei di nuoto e atletica.

“Era solo questione di tempo – dice Pierre Villepreux, 73 anni, storico profeta del rugby di movimento, ex blue, ex ct di Francia e Italia - per la federazione francese e l'Irb mi sono a lungo dedicato anche allo sviluppo del rugby femminile. In pochi anni le ragazze hanno migliorato enormemente la tecnica e adesso possono dimostrare quanto è bello ed efficace il rugby inteso non solo come scontro fisico. Che c'è, perché, ad esempio, si vedono magnifici placcaggi e poderose percussioni, ma senza quell'insistenza che è divenuta a volte un limite del rugby professionistico maschile. Non è un passo indietro, questo modo di giocare, anzi, è il modo migliore per aumentare la platea dei praticanti”.

LA ARBITRO

Su Magali scommette intanto anche Maria Beatrice Benvenuti, a 21 anni il più giovane arbitro internazionale di sempre dell'Irb, che in questi giorni è passata dai Mondiali in Francia alle Olimpiadi giovanili in Cina: “L'Harvey – dice la romana – è fortissima. Nel circuito a sette è già una stella, adesso l'avete viste anche a quindici. Farà molta strada”.

FRASTORNATA

“Sono in effetti un po' frastornata – dice la studentessa di arte e lingue straniere alla Saint Francis Xavier di Quebec, figlia dell'ex leader del Partito Conservatore Luc Harvey – da questa popolarità. Ma al tempo stesso ne sono orgogliosa per il Canada e per il rugby femminile. Toh! Hanno detto in tanti in questi giorni, mica male questo gioco. E l'aver trasmesso i match in tv, e in diretta, ha aiutato enrmemente a superare un'idea stereotipata del rugby femminile che resiste non solo in Canada”.

RAZZO

E' alta un metro e sassantacinque, pesa 65 kg, gioca ala o estremo, è veloce come un razzo, placca come un demonio, vede i “buchi” nella difesa e ha uno strepitoso gioco al piede: si vedono i trascorsi nel calcio come quando ha dribblato con un “tocco” elegantissimo un'avversaria trasformando un pallone di recupero in una meta. Ha debuttato in nazionale quattro anni fa nelle World series a sette a Las Vegas e ha subito portato il Canada in finale contro le Silvern Ferns, le All Blacks, insomma. Alterna sette e quindici con facilità e a questi mondiali ha esordito con tre mete e quattro trasformazioni contro Samoa. Logico che domenica, dopo aver messo a segno tutti punti del Canada con tre piazzati, abbia sbaragliato le rivali vincendo l'Irb World Award, il pallone d'oro del rugby.

CALCIO O RUGBY

“Fino ai 18 anni ero indecisa tra calcio e rugby – dice ancora Magali, che dalla mamma caraibica ha preso tutto lo charme - ma sono molto competitiva e ho visto che sarei riuscita meglio nel rugby che, peraltro, è più completo. E poi sono restata stregata dall'ambiente scoperto durante una tournée con la nazionale under 20: fantastico. Come la prima convocazione a Las Vegas: indimenticabile. Nel nostro mondo, i valori di base del rugby, a partire dallo spirito di gruppo, dalla voglia di sacrificarsi per gli altri, di dare tutto per la squadra, sono esattamente gli stessi di quello maschile, è assurdo fare distinzione di genere”.

Il contagio fra il rugby e Magali è avvenuto a scuola.

“Al liceo – ha detto all'Equipe e al sito dell'Irb - la vicecampionessa del mondo - hanno deciso di formare una squadra e mi sono buttata. Mi piace un sacco correre con la palla in mano, ma anche placcare (fenomenali i suoi recuperi sulle avversarie in fuga, ndr). E poi mi alleno a calciare, ci tengo a essere precisa. Invece far fatica in fase di preparazione atletica, far tutti quei giri attono al campo, non è che mi attiri molto, però serve, ci mancherebbe”.

SCUOLA

Già a livello scolastico ha bruciato le tappe: è suo il record di 39 punti in un match: 3 mete e 12 trasformazioni!

Gioca come e meglio di un maschio, ma fra di loro non ha modelli.

“Mi ispirano piuttosto le mie compagne di squadra. Sono meravigliose per come si allenano duramente. Per il resto faccio una vita tranquilla tra studio e sport. Mi piace molto stare in famiglia, passare il tempo con i miei fratelli minori, che sono scatenati. Sono sempre in contatto con loro così come, attraverso i social, con i sostenitori. Anch'essi ci hanno caricato in vista della finale".

@paoloriccibitti

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