Così Maria Beatrice arbitra
nel paradiso del rugby a Parigi

Maria Beatrice Benvenuti, 21 anni, romana di Trastevere ai mondiali fe
di Paolo Ricci Bitti
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Martedì 12 Agosto 2014, 01:12 - Ultimo aggiornamento: 14 Agosto, 18:15

Eh s, quando le irlandesi hanno battuto le All Blacks, insomma le Silver Ferns, la terra a Marcoussis ha davvero tremato. La felicit di quelle ragazze era irresistibile. E' venata di gioia contagiosa anche la voce dell'arbitro Maria Beatrice Benvenuti, 21 anni, romana di Trastevere, unica italiana in quel paradiso del rugby allestito grazie alla Coppa del Mondo femminile a 15 alle porte di Parigi, a un passo da Versailles. Paradiso perché il gioco espresso in questi match è una boccata d'ossigeno rispetto alla molta noia di tante partite dei maschi spesso a base solo di muscoli.

IL FISICO

“Qui invece – spiega Maria Beatrice - non è solo questione di fisico, anche perché si gioca esclusivamente per il piacere di farlo, un privilegio senza prezzo: si vedono allora meno tatticismi, più spazio per i trequarti, poche mischie che crollano, un mix spettacolare di agilità e durezza, tante mete delle ali, exploit clamorosi come quello delle irlandesi che hanno estromesso dai Mondiali le terribili campioni in carica neozelandesi che non perdevano un match dal 1991. Per dire, gli irlandesi, i maschi, non hanno mai battuto gli All Blacks. E peccato che le azzurre non si siano qualificate, seppure di un soffio. Sì, con molte di queste squadre avrebbero potuto tirarsela bene”.

Niente nazionale italiana ai Mondiali, ma lei non è sfuggita alla convocazione nel ristretto panel internazionale dei direttori di gara. Da quando ha 16 anni non fa che bruciare le tappe, l'ex alunna del liceo Giulio Cesare che parla tre lingue e che adesso si sta trascinando nel trolley con cui attraversa il mondo i due tomi massicci dell'esame di Anatomia di Scienze motorie: la stagione scorsa il più giovane arbitro italiano fischiava ancora sui campi fangosi delle under poi in maggio ha diretto la finale scudetto con già in tasca la “patente” di internazionale, sempre il più giovane di sempre al mondo. Ovvero, la ragazza ha dato le piste anche a inglesi e neozelandesi.

OLIMPIADI

E il compito di “MariaBea” di rappresentare l'Italia a queste competizioni (Universiadi in Tatarstan, World Seven Series negli Emirati Arabi, la prossima settimana alle Olimpiadi giovanili in Cina) ha un peso importante per il rugby italiano.

“Papa e mamma, tra i volontari dell'Unione Capitolina, e i miei due fratelli minori, che giocano a rugby, mentre io non l'ho mai praticato, mi chiedono mille cose di questi Mondiali. Li capisco: è stata geniale l'idea di riunire tutte le 12 squadre a Marcoussis (la Coverciano del rugby francese), l'ambiente è elettrizzante e scendere in campo davanti a tremila spettatori (e a due milioni di spettatori in tv, ndr) è emozionante: nello stesso giorno si possono vedere fino a sei partite, una dopo l'altra. Marcoussis è in mezzo al verde ed è un po' come essere a uno dei quei grandi concerti. In campo non si fanno sconti, certi placcaggi sono terrificanti, ma poi fuori siamo tutti abitanti dello stesso villaggio campestre in cui si parlano tante lingue, si cantano mille canzoni e ci si confronta con culture del Pacifico, dell'Africa, del Nord America: bellissimo”.

PREDESTINATA

Mariabea, lo dicono mentori come l'illustre fischietto Giulio De Santis, ha l'arbitraggio nel Dna e, soprattutto, nel cuore. A 16 anni ha lasciato triathlon e pentathlon e, per sfida con sé stessa, ha cominciato a mettere in riga i giganti del rugby. Chi ha violato il regolamento con lei (una ragazzina dal fisico minuto in mezzo all'arena “dei maschi”) l'ha pagata cara, come sa quel dirigente squalificato per un anno per averle mancato di rispetto durante un match.

“Ma sono episodi isolati e anche le “solite” frasi dalle tribune non mi condizionano. E poi il rugby è sempre il rugby, con il massimo rispetto dell'arbitro. Quello che importa è concentrarsi sul gioco per fare in modo di intervenire solo quando è strettamente necessario. Sono sicura che questi Mondiali faranno molto bene al rugby femminile, e al rugby in genere. Si è attratti da questo tipo di gioco per la sua spettacolarità, immediatamente comprensibile a tutti. Queste ragazze trasmettono la gioia di giocare e dimostrano che il rugby non è fatto solo, come in tanti ancora ritengono, per i palestrati”.

DIVISE DA GIOCO E BEACH VOLLEY

E poi queste ragazze le si guarda per come sono brave a volare in meta e non per le divise da gioco: niente zoomate alla beach volley, per capirsi. La loro determinazione elegante con cui placcano e si tuffano tra i pali sta avendo un enorme successo non solo in Francia dove sono tutti esauriti i biglietti di semifinali (domani, mercoledì) Irlanda-Inghilterra e Francia-Canada al Jean Bouin di Parigi. Il boom definitivo sarà alle Olimpiadi di Rio nel 2016 in Brasile, dove tornerà il rugby (versione a 7). Volete scommettere su chi sarà l'unica italiana (maschi compresi) a participare?

“E' il mio sogno – dice Mariabea, una ventunenne che per fare l'arbitro da due stagioni non va in vacanza – E, credetemi, mi sento così fortunata di poter lottare per quell'obiettivo che giorno dopo giorno ce la metto tutta per tentare di raggiungerlo”.

@paoloriccibitti

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