Filippo Tortu: «Vado in Amerca a inseguire i big, lavorerò con atleti che mi hanno sempre battuto»

Per l'azzurro un mese in Florida: «Staff e allenamenti non cambiano»

Filippo Tortu: «Vado in Amerca a inseguire i big, lavorerò con atleti che mi hanno sempre battuto»
di Giacomo Rossetti
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Martedì 19 Marzo 2024, 06:27

Non dite che va in America per rimanerci, o ci rimane male. Filippo Tortu, ieri tra i 35 azzurri e azzurre convocati a Roma per il primo raduno delle staffette 4x100 e 4x400 in vista delle World Relays di Nassau, alle Bahamas (4-5 maggio), vuole sfruttare il periodo che passerà in Florida per lavorare duro, ma non si trasferirà nel Paese a stelle e strisce. «Quest'anno ci sono tanti appuntamenti, tra cui gli Europei di Roma e le Olimpiadi: il raduno del Paolo Rosi ci servirà a mettere dei punti di riferimento. C'è un bel clima», racconta sulla pista romana. Per Filippo, la staffetta è «la massima espressione dello sport di squadra, perché non sono solo quattro che corrono, ma in dieci. Questo crea lo spirito giusto per battere nazionali più forti di noi».

Da cosa deriva (e cosa comporta) la scelta di allenarsi in Florida?
«Ho deciso di aspettare a partire per poter partecipare al raduno di Roma. Rimarrò negli Usa un mese e poi raggiungerò il resto della squadra il 25 maggio a Miami; da lì andremo alle Bahamas. Penso che sarà una bella esperienza. Nonostante sia stato scritto e detto in maniera sbagliata, manterrò tutto il mio staff e il mio programma di allenamento, non c'è nessun tipo di cambio. Ogni tanto durante la settimana, per alcuni allenamenti specifici, lavorerò con atleti che in questi anni mi sono sempre arrivati davanti, per provare poi ad avvicinarli in gara: ne sentivo la necessità».

Il suo programma non subirà mutamenti, però.
«Gli allenamenti non si cambiano: il mio allenatore ha in mente una preparazione e quella si fa, quando le sessioni saranno comuni le faremo assieme. La preparazione in questo periodo dell'anno tende a velocizzarsi, si corre un pochino meno ma un po' più veloce».

Quali sono gli aspetti che vuole affinare, e con quali rivali si vuole più confrontare?
«Le partenze sono quelle su cui faccio più fatica, per cui lavorare con gli stranieri può aiutarmi; nelle prove cui mi staranno davanti, l'obiettivo sarà arrivare il più vicino possibile.

Sono curioso per Kenneth Bednarek, ha preso tante medaglie individuali e ha un grandissimo personale nei 200 metri. Quello con cui ho più rapporto è Aaron Brown, ci conosciamo e gareggiamo assieme da tanti anni; è lui che mi ha spinto a scegliere la Florida. Tra gli atleti all'estero che conosco è sicuramente quello con cui sono più legato».

Conferma che il suo non sarà quindi un trasferimento definitivo, come quello di Marcell Jacobs?
«E' una bella cosa vedere un mondo nuovo, ma non più di trenta giorni: io sto bene in Italia, l'ho sempre detto, voglio rimanere qui. Sarà solo un raduno, come quelli che ho fatto in passato a Tenerife quando mi allenavo con inglesi e francesi. Quest'anno, visto che le gare sono a Nassau, ho deciso di andare in Florida per una questione di gare e di fuso orario. È una cosa abbastanza normale, la si sta ingigantendo».

Eppure molti hanno preso la sua partenza come qualcosa di rivoluzionario.
«L'America è stata scoperta nel 1492 da Colombo, quindi non capisco questo stupore (ride, ndr). Quando Marcell è andato non ha fatto nulla di strano, è stato un bel cambiamento ma è una scelta normale nel nostro lavoro».

Jacobs come ha commentato il suo prossimo arrivo nel "Sunshine State"?
«Non mi ha dato consigli, ci siamo sentiti e quando gli ho detto che sarei venuto in Florida mi ha risposto "Ci vediamo lì". Ma lui è a Jacksonville quindi non credo ci incontreremo prima della partenza per Nassau».
 

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