De Rossi, Prandelli: «Idee e coraggio, è un leader nato. Oggi è l'uomo giusto al posto giusto»

L’ex ct elogia il tecnico della Roma: "Ha trasmesso serenità ed equilibrio"

De Rossi, Prandelli: «Idee e coraggio, è un leader nato. Oggi è l'uomo giusto al posto giusto»
di Stefano Carina
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Sabato 9 Marzo 2024, 09:24 - Ultimo aggiornamento: 09:48

Alzi la mano chi ha ascoltato o letto in queste ore la frase più "gettonata" del momento: «Da quando giocava, si capiva che De Rossi sarebbe stato un ottimo allenatore». Facile dirlo ora, dopo 6 vittorie su 7 gare in campionato, il passaggio dei playoff in Europa League e il 4-0 rifilato l'altra sera al Brighton. C'è un signore, che in carriera è stato sia allenatore della Roma (per pochi mesi, suo malgrado) sia ct della Nazionale, che questa previsione l'aveva fatta in tempi non sospetti. Addirittura sei anni fa, quando Daniele ancora giocava.
Prandelli, le leggo testuale quanto lei disse in un'intervista nel 2018: Daniele sarà un ottimo allenatore nel futuro, vive con furore le gare ma poi al termine dà dimostrazioni di equilibrio e competenza. È curioso e maturo per intraprendere questa carriera.
«Beh, sono stato bravo (ride). Non era difficile prevederlo, mi creda. Quando trovi un calciatore che vuole capire, fa domande sulle situazioni tecnico-tattiche, intuisci subito che ha qualcosa in più. Non è usuale trovare un giocatore così maturo che ha una leadership nata ma allo tempo la curiosità di imparare e avere più informazioni possibili. Bastava ascoltarlo e vedere come interpretava il ruolo quando giocava».
Ora che lo vede allenare, cosa l'ha colpita maggiormente?
«Il fatto che ha rispettato le caratteristiche dei calciatori, posizionandoli nei ruoli dove rendono meglio. Poi è chiaro, quando subentri devi aumentare l'autostima dello spogliatoio. Quando c'è un esonero, i calciatori vanno responsabilizzati. La bravura di Daniele è stata inoltre quella di ricompattare lo spirito di squadra, il senso di appartenenza: sei la Roma e devi sapere cosa rappresenti. Poi se vogliamo analizzare l'aspetto tattico, contro il Brighton ha fatto capire a molti che quando incontri una squadra e un allenatore importante che fanno del palleggio e del fraseggio il marchio di fabbrica, non devi fare un braccio di ferro ma trovare una soluzione diversa. Ed è quello che ha fatto, pressando molto alto e tutte le volte che ha recuperato la palla ha giocato al massimo a due tocchi per poi verticalizzare. Gara preparata in modo perfetto».


Anche da calciatore era così meticoloso?
«Sì, scrupoloso e moderno. Era un costruttore di gioco e come tale vedeva il gioco a 360°. Si torna sempre al discorso di valorizzare le individualità. Probabilmente nella sua carriera, comunque importante, non è stato valorizzato come avrebbe potuto. Perché lui nasce mezzala, poi lo hanno trasformato in un interditore, con compiti più di rottura del gioco avversario. E invece Daniele quando aveva la palla era anche un costruttore. E i costruttori ragionano, pensano. In Nazionale quando ho giocato a tre, lo posizionavo in mezzo ai due centrali perché ero convinto che avesse anche caratteristiche di costruzione».
De Zerbi lo ha definito un allenatore coraggioso. È d'accordo?
«Sicuramente. Quando affronti squadre collaudate, che giocano insieme da tempo, devi avere coraggio. Ma il coraggio parte dalle idee, se non le hai non vai lontano. E la Roma le idee le ha: sa imporre il proprio gioco ma allo stesso tempo adattarsi all'avversario. Ogni volta che la vedi giocare non è mai uguale a se stessa».
Spesso ci si fossilizza troppo sui numeri, sui moduli, quando la differenza la fanno (ancora) i calciatori.
«Ed è proprio qui la bravura di Daniele.

Ormai si parla solo di sistemi, se difendi a tre, a quattro, disquisizioni inutili, il calcio è altro. Abbiamo perso la sostanza del problema che è la caratteristica dei calciatori. La Roma spesso è schierata con il 4-3-3 ma secondo lei Dybala gioca alto a destra? Paulo viene sfruttato per le sue qualità, l'altra sera ha disputato una delle partite più belle in assoluto degli ultimi anni. Veniva incontro al pallone, di prima non ha mai controllato il gioco ma faceva comunque ripartire l'azione e mandava in porta i compagni. E questo lo puoi fare se hai calciatori di questa qualità».

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Seppur da fuori, ritiene che De Rossi abbia avuto un approccio diverso con lo spogliatoio?
«Da sempre ci sono due linee di pensiero. C'è chi pensa che un gruppo debba essere guidato da un leader, da un personaggio carismatico come Mourinho che come tecnico è indiscutibile. Devi però trovare delle persone che accettino questo tipo di gestione. Può anche accadere che questa conduzione sia accettata per un periodo e poi rigettata. Così, nel momento in cui arriva un allenatore diverso, come Daniele, sei più ricettivo. È inevitabile, non c'è cattiveria e non si può nemmeno fare un paragone dicendo che era tutto sbagliato prima ed è tutto azzeccato adesso. Nelle squadre come nella vita ci sono i momenti. E in questo Daniele è la persona giusta al posto giusto».
Un altro ragazzo di quella Roma che lei ha allenato per pochi mesi, è Aquilani. Anche lui si sta facendo largo a forza di idee.
«Alberto ha fantasia, è sicuro delle sue idee e quindi trasmette sicurezza. Devo dire che anche lui è uno che regala un imprinting alla squadra».
Ascoltandola, sembra quasi che le manchi la panchina.
«No, no, ho già dato (ride)».
Nessun rimpianto?
«No, quello è un altro discorso. Mi piacerebbe rigiocare la partita contro il Costarica ai mondiali del 2014 ma il calcio è stata la mia vita. Ora rimane una grande passione, in costante evoluzione che mi permette tante riflessioni».
Prego...
«Sono 20 anni ad esempio che in Italia diciamo che alla nazionale manca un centravanti. Chiediamoci il perché. Se nei settori giovanili ci siamo innamorati del possesso-palla e abbiamo creato tanti centrocampisti, ci siamo dimenticati degli attaccanti. Se da piccolini a chi gioca davanti chiedi sponda-muro, sponda-muro e gli fai perdere le caratteristiche innate della sensibilità del gol, non le ritrovi più. Se lo vuoi fuori dall'area, poi quando ci entra non si ritrova più. O quantomeno fa fatica».
Anche Spalletti deve quindi rassegnarsi?
«Non lo so, di ragazzi potenzialmente ce ne sono ma poi è l'ultimo step che manca. Io mi auguro che Scamacca segua quanto gli sta insegnando Gasperini. Giampiero lo sta addestrando come se avesse a che fare con un ragazzo delle giovanili. Lo vuole attaccante e basta. Se lo segue, forse all'Europeo avremo un 9 vero, da nazionale»
Domani si gioca Fiorentina-Roma.
«A Roma sono stato poco per problemi legati alla malattia di mia moglie, ma quei due mesi li ricordo perfettamente. Si stava creando un bel gruppo e nei primi allenamenti avevo avuto la disponibilità dei ragazzi, di De Rossi, Totti e Cassano, a proporre un calcio un po' diverso. Domenica sarà una sfida bellissima. Anche al Franchi Daniele dovrà avere lo stesso coraggio avuto con il Brighton. Ma non ho dubbi che lo avrà».

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