Juventus, l'insostenibile bisogno di vincere

Juventus, l'insostenibile bisogno di vincere
di Benedetto Saccà
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Venerdì 5 Gennaio 2018, 12:30
Per assolvere il dovere (o colmare l'ossessione, chi lo sa) che il destino sembra averle assegnato, la Juventus di Andrea Agnelli ha pensato che non fosse inutile ragionare sulla propria natura. E così, senza perdere tempo a dubitare, ha scelto di compiere un gesto preciso. Dedicarsi all'esercizio dello stupore. Possono passare le stagioni. Possono scorrere fiumi di inchiostro. Possono compiersi rivoluzioni di mercato. Eppure, alla fine, i bianconeri rimangono l'unica certezza vincente del calcio italiano. Oggi, giusto per avere un'idea, sono gli unici tra le prime quattro squadre della classifica a viaggiare ancora sulle tre rotaie della stagione. Perché sono secondi in campionato a un soffio dal Napoli, hanno saltato l'ostacolo dei gironi della Champions planando agli ottavi e sono appena atterrati in semifinale di Coppa Italia. Molto bene. Tanto per ricordarlo, questa sarebbe la Juve indebolita dal saluto di Bonucci, disorientata sul piano tattico, vuota di motivazioni...
LA FORMULA
Tentare di capire la formula del successo bianconero è complicato quanto scoprire la ricetta della Coca Cola, se non a costo di ridurre le infinite variabili alla semplicità di poche frasi. Al talento dei bianconeri, comunque, non dev'essere estraneo un tratto di fiducia incrollabile nelle proprie capacità. Molti, del resto, come detto, erano i dubbi che foderavano la squadra alla fine dell'estate. E i risultati, in alcuni passaggi della stagione, hanno perfino inaugurato delle piccole crepe lungo la muraglia alzata da Max Allegri. In particolare, nel cuore di ottobre, la grande cattedrale ha tremato: tanto che del pareggio rimediato contro l'Atalanta, abbinato alla sconfitta subìta contro la Lazio, ancora si ricordano lo spavento e la ricerca di spiegazioni. Ecco, in quell'istante, la Juve era lontana cinque punti dal Napoli, comodo al vertice. Allegri era lì, a ricevere sberle di critiche. Da ogni versante arrivavano ventate. Risalire da profondità del genere non è facile: per nessuno, a nessun livello. Però Allegri conosce bene il segreto dell'esperienza. Allora non si è dimenticato dell'autunno del 2015: del periodo in cui la sua Juventus affondava a 11 lunghezze dalla Roma capolista, alla fine ottobre. Quella stagione, poi, srotolò un finale colorato di bianconero, si sa. Dunque anche questa volta Allegri ha disposto le pedine sul tavolo, ha tracciato linee sulla mappa e, soprattutto, non ha avuto paura di cambiare. Mai. Anzi, ha sperimentato i moduli, ha alternato i giocatori esentando i più fragili (Higuain, come Dybala), ha gestito il salire e lo scendere della forma dei reparti. Infine, finalmente, ha indovinato la misura e l'equilibrio. E ha rilanciato l'ambizione della Juve, scrivendone ancora una volta il futuro e disegnandole il sorriso sul volto. A infiammare il club, d'altronde, è sempre e da sempre una ingovernabile e immensa e mostruosa smania di vincere. È complicato stabilire se la Juve vinca perché ha una certa mentalità; o abbia una certa mentalità perché vince. Di sicuro, seria e severa, la società viaggia lungo la storia nella cieca convinzione che l'affinarsi dei dettagli sia la via che sancirà la differenza. Questa ferocia porterà al successo e allo stupore.
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