Malagò e pm in pressing su Lotito
il presidente della Lazio è alle strette

Malagò e pm in pressing su Lotito il presidente della Lazio è alle strette
di Alberto Abbate
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Venerdì 12 Giugno 2015, 06:29 - Ultimo aggiornamento: 09:29
Nessun'altra proroga, entro martedì 16 Palazzi dovrà decidere se archiviare o rinviare Lotito a giudizio: ha già cumulato 8 mesi e 15 giorni, il consigliere federale, basterebbe un'inibizione di tre mesi e 16 giorni per la sua decadenza. Ma solo con una sentenza passata in giudicato, guai ad aspettare magari sino a dicembre: «La giustizia sportiva arriverà prima di quella ordinaria. Se venisse condannato, anche solo in primo grado, sarebbe necessario subito un passo indietro di Lotito, nell'interesse di tutti. Il reato contestato è pesante e c'è anche una questione morale. Ne ho parlato con Tavecchio», tuona il presidente del Coni Malagò, appena atterrato a Baku per i Giochi Olimpici Europei, il giorno dopo nuove perquisizioni che stravolgono il calcio italiano. Venti computer sequestrati, le deposizioni di Tavecchio e del segretario Di Sebastiano: ecco il bottino della Digos nel blitz di mercoledì. Documenti prelevati a Formello, Villa San Sebastiano, nell'abitazione di Lotito all'Eur, ma soprattutto negli uffici di Via Allegri e della Lega Pro a Firenze. La Procura di Napoli, che ha aperto l'inchiesta, punta a scovare tracce dell'erogazione dei contributi federali alle società dell'ex serie C. Così - secondo l'accusa - il presidente di Lazio e Salernitana, indagato per tentata estorsione, avrebbe fatto pressioni sui dirigenti perché votassero secondo le sue indicazioni nell'assemblea chiamata ad approvare il bilancio. Lo scopo? Consolidare il proprio potere all'interno della Figc e della Lega. Per questo, non rischiano nulla le sue società, ma il loro numero uno che presto verrà interrogato dai pm all'ombra del Vesuvio. Dopo che a Roma è esploso il caos.

Quasi all'alba del deferimento, la Procura Federale: «Lotito è stato ascoltato la scorsa settimana da Palazzi», conferma l'avvocato Gentile. Come vi avevamo anticipato, in gran segreto a via Campania, fra martedì e giovedì scorso sono sfilati anche altri dirigenti della Lega Pro: dal presidente del Melfi a quello del Pavia, citati da Iodice per avvalorare la sua tesi sulla “mala gestione” della serie minore. «Ma nel dossier non ci sono dichiarazioni accusatorie contro Lotito. Chi ha votato il programma nell'assemblea di Lega Pro lo aveva fatto condividendolo ed escludendo che ci fossero state intimidazioni o cose di carattere economico», conclude il legale del presidente. Intanto, se il prossimo 30 giugno, verrà sfiduciato Macalli, Tavecchio commissarierà la Lega Pro. Ma un rischio molto più grosso aleggia pure sulla sua testa.

A Napoli incombe anche lo spettro delle «gravi irregolarità amministrative», che - secondo l'articolo 6 dello Statuto del Coni - motiverebbero il commissariamento dell'intera Figc: il sospetto dei pm è che Lotito, grazie al rapporto simbiotico con Tavecchio, oltre ad «apparire» ai suoi interlocutori «in grado di condizionare le corresponsioni dei contributi», fosse realmente in condizione di decidere chi, come, e quando - soprattutto se prima o dopo la chiusura dei bilanci, spartiacque per l'iscrizione ai campionati - riceveva quei contributi. Grazie all'abuso della “Fondazione per la mutualità generale”, l'ente previsto dalla Legge Melandri che gestisce i fondi stanziati dai proventi della vendita dei diritti tv e li indirizza al calcio minore. Nella telefonata con Iodice, Lotito faceva riferimento ad alcune «anticipazioni di cassa». Ma perché allora non fare un salto anche in sede a Milano fra i bilanci della Fondazione?