Tennis, Il futuro è ancora Nadal

Tennis, Il futuro è ancora Nadal
di Angelo Mancuso
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Martedì 12 Settembre 2017, 11:55
Se di fronte ci sono il n.1 e il giocatore con la classifica più bassa in finale a New York dall'introduzione nel 1973 del ranking Atp l'epilogo è scontato. Ci voleva un enorme dose di ottimismo per pensare che Kevin Anderson, n.32 prima del torneo (ora è 15), potesse regalare un epilogo degli US Open combattuto. Non c'è da stupirsi quindi del 6-3 6-3 6-4 che ha consegnato a Nadal il 16esimo titolo della Slam (23 le finali), il terzo a New York. Non vinceva un torneo sul cemento da quasi 4 anni: Doha nel gennaio 2014.
ESEMPIO DI UMILTA'
Anderson, dall'alto dei suoi 2 metri abbondanti, avrebbe dovuto servire alla perfezione. Era l'unico modo per impedire al mancino spagnolo di allungare gli scambi. Solo i presuntuosi non si adattano all'avversario, ma Rafa non conosce questa parola ed è una sua grande qualità. Sapeva che i servizi del rivale sarebbero partiti dal terzo piano e non ha avuto paura di mettersi a 4-5 metri dalla linea di fondo per rispondere e fiaccare Anderson. Appena 10 ace, mentre nelle prime 6 partite il sudafricano ne aveva collezionati 114. I detrattori di Nadal dicono che ha vinto gli US Open senza battere un top 20. Anche se Rublev lo diventerà a breve, Del Potro vale più della sua attuale classifica e Anderson è stato n.10. Dimenticano che nei libri di statistiche restano scolpiti i risultati. Mica è colpa sua se a New York si è presentato un Federer scricchiolante, se Murray, Djokovic e Wawrinka sono fuori per malanni vari. Flushing Meadows alla fine ha incoronato un campione che è una garanzia. Ha ragione zio Toni, all'ultimo torneo nelle vesti di coach itinerante (si occuperà dell'Accademia che porta il nome del nipote), quando sottolinea che il segreto sta nel sacro fuoco di migliorarsi sempre. Rafa lo ha ringraziato: «Non c'è una lezione sola, ci sono tante cose che mi ha insegnato fin da quando avevo 3 anni».
ALL'ASSALTO DI KING ROGER
Un trionfo che è frutto del lavoro e della serenità. «Per me questo è un anno speciale - ha raccontato - dopo un 2014 e un 2016 difficili per gli infortuni e un 2015 complicato dal punto di vista mentale. Se c'è la salute e posso allenarmi come si deve, tutto cambia. Ho 31 anni, non più 25, ma ho ancora voglia di competere». I 19 Slam di Federer non sono così lontani. La storia insegna che dopo i 30 anni vincere uno Major diventa sempre più arduo. Inoltre l'Atp sta investendo sui Next Gen, coloro che raccoglieranno il testimone: da Zverev a Shapovalov, da Rublev a Coric. Il 2017 ha tuttavia fatto saltare ogni regola e quei 5 anni di differenza con lo svizzero, uniti alle difficoltà degli altri big, incoraggiano la rincorsa di Nadal. A novembre può conquistare a Londra l'unico titolo che gli manca, il Masters. E a inizio 2018 a Melbourne può diventare il primo dell'era open a vincere tutti gli Slam per almeno 2 volte.
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