Clio Ferracuti al Messaggero: «Io e il karate: è un affare di famiglia»

Clio Ferracuti al Messaggero: «Io e il karate: è un affare di famiglia»
di Gianluca Cordella
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Domenica 16 Aprile 2017, 07:30

Dagli Europei agli Europei, con Tokyo nella testa e nel cuore. Se vi piace giocare al talent scout e cercate nomi da appuntare e seguire verso le prossime Olimpiadi, cominciate a scrivere quello di Clio Ferracuti. Romana, 21 anni non ancora compiuti, un palmares che potrebbe fare invidia a molti e l’obiettivo di volare ai Giochi 2020, quando il suo sport, il karate, debutterà in versione a cinque cerchi. 
Clio, il suo 2017 è cominciato bene, con l’oro a Sofia negli Europei under 21...
«Già, sono stata protagonista di un torneo perfetto. Ero in ottima forma fisica e mentale e ho chiuso tutti gli incontri senza subire nemmeno un punto. Un grandissimo risultato anche perché vale sempre la teoria che vincere è difficile, ma riconfermarsi lo è di più».
E per lei si tratta di una conferma: nel 2015 era già riuscita nell’impresa. Con quali differenze?
«Due successi completamente diversi. Il primo oro l’ho vinto da inesperta, quasi da incosciente. Andavo sul tatami quasi senza sepere cosa mi aspettasse. E quando ho vinto sono esplosa, tra urla e lacrime di gioia. Quest’anno invece ero molto più fredda anche se sentivo il peso della responsabilità. E dopo la vittoria ho esultato, sì, ma in modo composto senza fare tutte le scene di due anni prima...».
Tra questi successi c’è stato un argento che non ha gradito molto. Eppure tre podi europei consecutivi mica li centrano tutti...
«È vero, però quella medaglia un po’ l’ho accusata. Stavo assaggiando la vittoria, poi mi sono bloccata, come se avessi avuto paura di vincere di nuovo. Non so se è una sindrome che esiste davvero, però mi sono bloccata. Per fortuna, ho cancellato la delusione e sono ripartita. E mi sembra che quest’anno mi sono ripresa bene, no?».
Benissimo. A breve poi c’è da pensare agli “altri” Europei.
«A maggio ci sono quelli senior e spero di arrivarci. Ora cominciano le gare test, poi si vedrà. Agli Assoluti di Ostia sono arrivata terza e non sono riuscita a confermare il titolo dell’anno scorso però io, nella vita, sono una che punta sempre a migliorarsi».
È una perfezionista?
«Il karate lo richiede». 
Ed è anche una predestinata?
«Una certa responsabilità la sento, ma da qui a sentirsi predestinata ce ne corre. Più che il peso delle aspettative degli altri, sento la responsabilità di rappresentare l’Italia e le Fiamme Oro». 
A Tokyo 2020 già ci pensa? 
«Andare ai Giochi è già di per sé un sogno. Per noi del karate, poi, sarebbe la prima volta e perdipiù in casa dei giapponesi che diciamo che un pochino ne masticano... Io, però, sono abituata a ragionare un traguardo alla volta. Ora è presto per pensarci».
Ha mai pensato che nel 2024 avrebbe potuto gareggiare in casa? 
«Mi è dispiaciuto moltissimo. Sarebbe stata un’esperienza ultraterrena. Io amo Roma e, in più, gareggiare davanti agli amici e alla famiglia sarebbe stato eccezionale». 
Com’è nato il suo amore per il karate?
«È una passione di famiglia. Mio padre e mia madre si sono conosciuti grazie al karate. E anche mia sorella lo pratica, anche se non nel kumite come me. Ho cominciato con papà, a 4 anni, in una palestra della Garbatella dove sono rimasta fino all’adolescenza. Poi ho abbracciato una nuova famiglia, quella della Polizia». 
Ha avuto un campione di riferimento, magari fuori dal suo sport?
«Il mio idolo è Luigi Busà, l’uomo che ha fatto e fa ancora la storia del karate italiano nel mondo. Fuori dal tatami ho un senso di riconoscenza totale per Francesco Totti, un grandissimo atleta e una persona umile nonostante quello che è diventato». 
Ha mai fatto follie per lo sport?
«Più di allenarsi tutti i giorni per un sacco di ore?».
Che rapporto ha con Roma?
«È la città più bella del mondo. Un po’ confusionaria, ma ti senti sempre a casa. Io uso i social, ma impazzisco quando vedo i ragazzi che camminano a testa bassa guardando i propri smartphone e non ammirano quello che hanno intorno».
E se le facessero la proposta indecente: “vinci l’oro olimpico ma devi andare via dalla Capitale”?
«Mah...

forse per un periodo breve si può fare».

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