Coronavirus, il velista italiano in quarentena in Cina: «Chiuso in hotel, ceno da solo e vivo in palestra»

Andrea Mannini
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Martedì 18 Febbraio 2020, 15:11 - Ultimo aggiornamento: 15:30

Uscite di sicurezza dell'hotel sbarrate con catena e lucchetto e ingresso unico, mascherina sempre, cene da soli e su tre turni, all'aperto solo per gli allenamenti rigidamente controllati e poi rinchiusi in hotel. La vita ai tempi del coronavirus viene narrata da un velista italiano, Andrea Mannini, socio della Zaoil Sails di Sanremo e guru del 470, in Cina come commissario tecnico delle squadre olimpiche della vela cinese, in passato allenatore delle analoghe squadre inglesi e autore dell'oro croato a Rio 2016.

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Mannini, come racconta in un reportage per il sito specializzato Saily.it, è in Cina dal 10 gennaio per preparare i mondiali 470 a Palma di Maiorca il 16 marzo: «Tutto apparentemente perfetto, fino a quando il 21 gennaio è arrivata la comunicazione dal governo cinese a tutte le federazioni sportive che, per preservare la salute degli atleti, tutte le vacanze e i permessi di uscita erano stati annullati. Dopo 48 ore, il 23 gennaio, in concomitanza con la chiusura della regione del Hubei, la federazione ha ricevuto un avviso ancora più grave, che imponeva la messa in quarantena della nostra base e di tutte le basi delle squadre olimpiche cinesi».

Da allora atleti, tecnici e personale della Federvela cinese sono di fatto rinchiusi nell'hotel che fa da base alle squadre, e possono uscire solo per gli allenamenti e dopo aver passato i controlli in uscita e in entrata ai due capi del percorso. «Qui per noi il tempo non passa mai - racconta -, e passiamo molto tempo in palestra, mentre prima ci allenavamo all'aperto. Le misure sono a tempo indeterminato, io sono qui con il visto scaduto e non posso andare a Pechino per il visto business». C'è un volo da Hong Kong a Londra giovedì, «e spero che mi lascino partire anche col visto scaduto».

«Le uscite di sicurezza sono state chiuse con delle catene -prosegue il racconto-, gli ascensori bloccati e in tutto l'edificio è rimasto operativo un solo ingresso, sorvegliato dalla polizia». Restrizioni anche per il cibo, che viene «consegnato settimanalmente, ma con una procedura che ricorda la scena di qualche film apocalittico. Non appena gli addetti alle consegne hanno scaricato il furgone e lasciato il parcheggio, il personale di cucina esce per recuperare la merce indossando tute usa e getta, occhialini, mascherine e guanti. Tutte le scatole vengono quindi disinfettate, disimballate all'aperto e poi ovviamente tutti gli alimenti vengono sempre cotti». Anche i pasti sono diventati parte di una sceneggiatura da film sulla fine di mondo: «siamo divisi in tre gruppi in modo da avere un tavolo per persona, bisogna lavarsi le mani col disinfettante prima di entrare, indossare la mascherina quando si va al buffet e soprattutto non si può più parlare».

Mannini testimonia della «molta ansia che provano tutti, e ci chiediamo quale sia la realtà» della situazione, aggiornata via Wechat, il Whatsapp cinese, direttamente dalla presidente della Federazione cinese, con i numeri di contagiati e di morti. Lo sportivo però trova anche il modo di trarre qualche beneficio dalla situazione: «cercherò di utilizzare questo "imprigionamento" per approfondire la preparazione mentale di alcuni atleti» e per risistemare i dati raccolti.
 

 

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