L'attacco dell'orca allo squalo bianco: la strategia di caccia e l'impatto sull'ecosistema marino

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Giovedì 7 Marzo 2024, 13:18

Milioni di visualizzazioni in tutto il mondo hanno fatto diventare il video del National Geographic un'occasione di approfondimento sul mondo marino. Sophia, un'orca di 60 anni, è stata ripresa mentre attacca uno squalo bianco. Immagini straordinarie che diventano una lente d'ingrandimento sulla relazione tra predatori al vertice della catena alimentare. Ne abbiamo parlato con Laura Pintore, esperta di fauna marina per il WWF Italia.

Come fa un'orca a uccidere uno squalo bianco da sola e perché si concentra sul prelevare il fegato?

Le orche sono considerate superpredatori apicali, posizionandosi al vertice della catena alimentare. Questi grandi delfini, appartenenti alla famiglia degli odontoceti (delfini con denti), si distinguono per le loro avanzate capacità di caccia, sia in solitario che in gruppo, grazie a una socialità altamente sviluppata che consente loro di organizzare strategie di caccia estremamente precise. L'orca, priva di predatori naturali, può cacciare altri predatori apicali come squali, balene e delfini. Le orche, notevolmente intelligenti, sono in grado di studiare e decidere il metodo più efficace per attaccare la preda. In particolare, per cacciare gli squali - pesci cartilaginei che devono muoversi costantemente per ossigenare le branchie attraverso le fessure branchiali - le orche tendono a bloccare lo squalo colpendo le fessure branchiali e il muso per stordirlo.

Questo approccio sfrutta la vulnerabilità degli squali, che presentano sul muso le ampolle di Lorenzini, sensibili ai campi elettromagnetici; la loro stimolazione causa disorientamento allo squalo. Successivamente, l'orca può portare lo squalo verso la superficie per disorientarlo ulteriormente. Quando attaccano per alimentarsi, le orche dimostrano una precisione quasi chirurgica, mirando in particolare al fegato dello squalo, organo ricco di grassi e squalene, nutriente prezioso per le orche. Questo comportamento è motivato anche dalla necessità di preservare i propri denti, dato che la pelle dello squalo è estremamente spessa e resistente, mentre quella intorno al fegato è più vulnerabile.

L'esperienza ha insegnato alle orche che mirare a questa specifica parte permette di ottenere il nutrimento desiderato senza danneggiare i denti. Le orche possono cacciare sia da sole sia in gruppo, spesso seguendo una struttura sociale matriarcale guidata dalla femmina alfa. È interessante notare che, in Sud Africa, si è osservato un caso particolare di due orche maschi, probabilmente fratelli, che praticano la caccia di gruppo a diverse specie di squali, inclusi gli squali bianchi.

Quali potrebbero essere le conseguenze a lungo termine sulla popolazione di squali e sull'ecosistema marino a seguito di questi attacchi da parte delle orche?

Gli squali e le orche, entrambi predatori apicali della catena alimentare, giocano un ruolo cruciale nell'equilibrio degli ecosistemi marini. Un disturbo a questo livello può provocare effetti a cascata su tutta la catena, dal plancton ai superpredatori. Attualmente, gli squali stanno lasciando le loro aree tradizionali per sfuggire alle orche, causando potenziali squilibri. La natura tende a ricercare un nuovo equilibrio e benché vi sia ora un disequilibrio con gli squali che abbandonano certe aree a causa delle orche, il futuro potrebbe riservare nuovi adattamenti e dinamiche tra queste specie.

Quali sono le strategie più efficaci per la conservazione delle orche di fronte alle minacce umane?

Le orche, insieme a molti altri cetacei e specie marine, sono gravemente minacciate dalle attività umane. L'impatto dell'uomo si manifesta sia direttamente, con conseguenze che possono portare alla morte immediata degli animali, sia indirettamente, in modi più subdoli e a lungo termine. Tra le minacce dirette si annoverano le collisioni con il traffico marittimo, l'inquinamento acustico, che disturba la comunicazione e altre attività vitali in un ambiente dove il suono è fondamentale, e i danni causati dalla macroplastica, sia per ingestione che per intrappolamento. Le minacce indirette includono l'inquinamento chimico e le conseguenze del cambiamento climatico, come l'innalzamento delle temperature.

Per la conservazione delle specie marine, è cruciale implementare misure a livello istituzionale, come la creazione di aree marine protette, e investire nella ricerca per ampliare la nostra conoscenza dell'ecosistema marino, di cui attualmente conosciamo solo una frazione. A livello individuale, ogni persona può contribuire riducendo l'uso di plastica monouso e adottando comportamenti più sostenibili per limitare l'impatto sul cambiamento climatico. È importante adottare un approccio meno antropocentrico e riconoscere che l'uomo è solo una delle molte specie in un delicato equilibrio naturale, lavorando insieme per coesistere armoniosamente con la natura.

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