Gianluca Cordella
Minority Re(S)port
di Gianluca Cordella

Indian Wells, doppia spallata allo status quo del tennis mondiale

Bianca Andreescu abbraccia il trofeo di Indian Wells
di Gianluca Cordella
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Lunedì 18 Marzo 2019, 20:53
Il tennis maschile che non ha più “dittatori” e quello femminile che accoglie le regine di domani. Indicazioni liberamente tratte da Indian Wells, dove il primo Masters 1000 della stagione – o il primo Premier Mandatory, se guardate i fatti da prospettiva Wta – ha dato una spallata alla status quo della racchetta mondiale.

Tra gli uomini ha vinto Dominic Thiem e pur essendo una novità in senso assoluto – è il primo 1000 della carriera dell'austriaco – non è risultato sorprendente. In fondo Dominic già da un po' frequenta anche le finali Slam, gli mancava giusto l'ultimo guizzo. Ma è significativo che ci sia riuscito proprio adesso, in un momento in cui l'Atp inizia a delineare il proprio futuro post Fab Four. Ed è subito caos. Diciannove tornei giocati in stagione, diciannove vincitori differenti. Miracolo degli infortuni, dei calendari lunghi e massacranti e dei giocatori che si amministrano un po' di più. E poi, ovvio, merito (o colpa) del tempo che rende meno invincibili quei tre o quattro che una volta perdevano solo quando si sfidavano tra di loro. Vedi il Roger Federer di Indian Wells, che una finale così, anche soltanto un paio di anni fa, non l'avrebbe persa nemmeno rigiocandola 100 volte. I primi Next Gen ora sono Present Gen e fra i Next Gen della seconda ondata iniziano a scalpitare i Millenials, con qualche nome interessante da appuntare.



Ma se nell'Atp i nativi del terzo millennio iniziano a sgomitare adesso, nella Wta già vincono senza alcun pudore. Come Bianca Andreescu, canadese di origini rumene, classe 2001 – un'annata di cui sentiremo parlare – che a 18 anni si è tolta lo sfizio di entrare in tabellone con una wild card e di andare a vincere il torneo. Cosa che non era mai riuscita prima. Non vi dico poi chi sono state le uniche tre a trionfare a Indian Wells senza essere teste di serie. Anzi ve lo dico: Serena Williams nel 1999, Kim Clijsters nel 2005 e Naomi Osaka lo scorso anno. Tutte numero uno del mondo. A ottobre 2018, cinque mesi fa non cinque anni, era 243 del mondo, da oggi è numero 24. Nel solo 2019 è finita in semifinale ad Acapulco, in finale ad Auckland e con la coppa in mano nel “quinto Slam”, dove ha spazzato via Begu, Cibulkova, Muguruza, Svitolina e Kerber. A eccezione della rumena, tutte frequentatrici più o meno assidue dei primi quattro posti della classifica mondiale. Fin troppo facile prevedere per lei un grande futuro. Come se il presente, poi, facesse schifo.
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