I tifosi hanno capito e hanno eletto il loro eroe: Alisson Becker, brasiliano esordiente nella Champions, almeno quella vera, quella dei gironi. Lo scorso anno aveva giocato a Oporto, nell'andata del preliminare, per poi restituire la porta al all'amico-rivale Szczesny, riprendendo poi il rapporto con l'Europa difendendo la Roma nella seconda coppa continentale. Da secondo portiere, non da primo. La Champions - con l'addio di Szczesny - ora se la gode lui e non si sa come andrà. Ma esordire qui all'Olimpico e chiudere da protagonista, forse non se lo aspettava nemmeno lui, che tanti volevano anche quest'anno come vice del polacco e non come il numero uno. Ma questo ragazzo non è uno qualunque, è pur sempre il titolare della Seleçao che, come Storia insegna, non è una nazionale qualsiasi.
Alisson suda sul tiro di Saul dopo pochi minuti: fuori di un'inezia. Poi esibisce il suo talento prima contro Vietto, poi Correa e infine contro Saul. Che prima si fa ipnotizzare dal numero uno brasiliano, poi spara sul palo a porta completamente aperta e lì la partita sarebbe stata irrecuperabile. Come si dice in questi casi, la fortuna aiuta gli audaci. E di fortuna stavolta ce n'è voluta a secchi per superare indenni il battesimo del fuoco contro l'Atletico di Madrid. Il portiere è bravo e fortunato. Un binomio perfetto, insomma. Szczesny per un po' non verrà più nominato.
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