Bertolini, ct della Nazionale femminile: «Ora meritiamo più visibilità»

Bertolini, ct della Nazionale femminile: «Ora meritiamo più visibilità»
di Roberto Avantaggiato
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Domenica 10 Giugno 2018, 09:30
Adesso basta con i luoghi comuni. Il calcio può e deve essere donna anche qui in Italia. Lo ha dimostrato la Nazionale Femminile, che venerdì sera a Firenze, si è presa quella qualificazione al Mondiale che i maschietti hanno clamorosamente fallito. Milena Bertolini, il ct azzurro che viene dall’Emilia Romagna, ha firmato l’impresa, che mancava da vent’anni. 
Milena, si è resa conto di cosa avete realizzato?
«Sì, abbiamo trasformato un sogno in realtà».
Che ha attirato l’attenzione di tutta l’Italia calcistica, e non solo.
«E questo ci rende ancora più orgogliose».
In pratica, avete preso il posto della Nazionale maschile.
«Siamo contente soprattutto per la Figc, che ha comunque una Nazionale che partecipa a un Mondiale».
Crede che con l’Italia maschile al Mondiale, avreste riscosso gli stessi consensi?
«Vorremmo sperarlo, anche se è innegabile che abbiamo beneficiato della mancata qualificazione a Russia 2018».
Cosa significa questo successo per il movimento femminile?
«Che possiamo fare quel salto di qualità che tutti si aspettano, valorizzando il percorso fatto finora».
Percorso che è decollato nel momento in cui sono stati coinvolti i club della nostra serie A.
«E’ vero, è stato un passaggio importante. Ora, le ragazze giocano solo al calcio, si preparano con staff di prim’ordine e su impianti di ottimo livello».
La Juventus è l’ultima arrivata, tra i club di A; ma ci sono anche Sassuolo, Fiorentina, Atalanta e Chievo. E ne stanno per arrivare altre, come la Roma per esempio.
«Presenze importanti, che rendono il campionato più interessante per i media e le stesse calciatrici. Il livello agonistico e tecnico si sta alzando ed è un bene per tutto il movimento».
Ma può bastare?
«No, ovviamente. Servirà anche avere una maggiore visibilità, perché se non ti conoscono non ti possono apprezzare». 
E poi...
«È necessario lavorare su un progetto federale che spinga i club dilettanti a incentivare l’attività femminile nelle scuole calcio e sul territorio».
Dove c’è da superare, però, la barriera dei pregiudizi sul calcio e le donne.
«E’ vero, perché nei pensieri di tanti c’è questa immagine pregiudiziale. Per questo, bisogna dare vita a delle politiche che portino a un cambio culturale. E lo si può fare soltanto intervenendo sulle nuove generazioni».
Lei parla di aspetti sociali, più che sportivi.
«Sì, perché credo che un cambio culturale sulla donna e il calcio possa avere importanti ripercussioni sulla stessa società. Vedere le donne come parte integrante di qualcosa di sacro come il calcio, può anche aiutare a combattere la violenza e altre aberrazioni sulle donne».
Torniamo all’aspetto sportivo. Lei in soli 10 mesi è riuscita dove altri, per anni, hanno fallito. Ha una spiegazione?
«Forse, perché vivendo il calcio femminile da 25 anni, conosco bene questo mondo. E conosco da tempo le ragazze che sono con me in Nazionale».
A proposito, sarà questo il gruppo che porterà in Francia il prossimo anno?
«Ci sono 30-35 calciatrici che orbitano nel giro azzurro. Partiremo da questo, anche se spero che il campionato possa offrire indicazioni nuove e interessanti».
In Francia ci confronteremo con i colossi del calcio femminile: gli Stati Uniti su tutti...
«E anche Germania, Francia, Inghilterra e Giappone. Per noi, che siamo al quindicesimo posto nel ranking, ci aspetta dunque un Mondiale impegnativo. Ma abbiamo un anno per lavorare. Una cosa è certa: andremo lì con una grandissima voglia di fare bene e non deludere. E’ un’occasione grande per tutto il movimento».
Come ha festeggiato la vittoria di Firenze?
«Tra una cosa e l’altra, venerdì sera abbiamo finito all’una e non c’è stato tempo per festeggiare. Poi sono dovuta andare subito a Rimini per il convegno “The coach experience”. Non mi rimane che festeggiare, appena mi sarà passata un po’ di stanchezza, con le persone a me care».
 
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