Infantino: «Il calcio è ancora troppo macho, ma le cose stanno cambiando»

Infantino: «Il calcio è ancora troppo macho, ma le cose stanno cambiando»
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 10 Aprile 2019, 18:36
«Quello del calcio è un mondo ancora molto 'machò, quindi particolare. Di uomini che, nel vedere una donna africana e musulmana in una posizione importante nella Fifa ancora reagiscono scuotendo la testa. Ma Fatma Samoura, il segretario generale, lavora molto bene». Intervistato a Rio dai network del gruppo Globo, il presidente della Fifa Gianni Infantino spazia a 360 gradi sul suo sport e affronta in particolare l'argomento del calcio e le donne, d'attualità anche per via dei Mondiali femminili di quest'anno. «Ma 'piano pianò, come si dice in italiano - aggiunge Infantino - le cose stanno cambiando, e l'importante è dare dei segnali. La Fifa ha avuto bisogno di più di cento anni di storia per avere un segretario generale donna. Ma sono convinto che il Mondiale di quest'anno aiuterà molto a cambiare il modo in cui le donne sono viste nel calcio».

Ma allora perché la Fifa paga 400 milioni di dollari in premi per i Mondiali maschili e solo 30 per quelli femminili? «Intanto quest'anno i premi per le donne li abbiamo raddoppiati - risponde Infantino -, perché finora erano di 15 milioni. Se poi contiamo anche i venti che diamo alle squadre per la preparazione, il totale arriva a 50. È chiaro che non basta, e lavoreremo perché aumenti e perché ci siano più investimenti di quelli che già ci sono». Inevitabile la domanda anche sui Mondiali maschili: le nazionali partecipanti aumenteranno a 48 fin da Qatar 2022? «Oggi non si può dire - è la risposta -. È un progetto che stiamo studiando assieme al Qatar, ma non è facile organizzare un Mondiale a 48 squadre in un paese come quello. Parleremo anche con le nazioni vicine e poi vedremo. In ogni caso, sarà un Mondiale spettacolare».

Ma con un Mondiale con 16 gruppi da tre squadre, a un team basteranno due pareggi in altrettante partite per superare il turno: ciò non va a scapito dello spettacolo? «Non necessariamente - dice Infantino -: se tutte e tre le nazionali di un gruppo pareggiano le loro due partite poi ci saranno problemi. Comunque io sono italiano, e ricordo che la squadra azzurra nel 1982 passò il turno con tre pareggi in un girone da quattro e poi vinse il titolo: il calcio è l'unico sport dove può succedere di tutto, i grandi possono perdere e i piccoli vincere». Non poteva mancare un accenno al problema del razzismo negli stadi: «è importante educare, ma anche dare segnali forti, gli arbitri hanno la possibilità di fermare le partite e dobbiamo appoggiare questo tipo di cose. E se tutto ciò non basta, ci vogliono sanzioni non solo economiche ma soprattutto sportive».

Ma il razzismo può dipendere dall'ondata di nazionalismi che c'è in varie parti del mondo? «Chiaro che sì - risponde -.
In fondo il calcio si è sviluppato grazie anche a nazionalismo e campanilismo, al fatto di fare il tifo per la squadra della propria città. E questo va bene. Invece ciò che non va è l'insulto all'altro, perché in tutto il mondo c'è il problema del nazionalismo eccessivo, della violenza, dell'intolleranza e del mancato rispetto delle opinioni altrui. La Fifa è un'organizzazione internazionale che cerca di aprire le menti ed educare alla tolleranza». Di tutti i Re e Capi di Stato incontrati quali sono, per Infantino, quelli che capiscono più di calcio? «Sto per incontrare il Presidente Bolsonaro, grande tifoso del Palmeiras, magari è lui - ride il presidente -. Intanto Donald Trump sta imparando a conoscere il calcio perché suo figlio lo gioca. Un grande appassionato è il Presidente cinese Xi Jinping, e lo è diventato anche quello russo Vladimir Putin dopo che i Mondiali si sono svolti nel suo paese. Insomma, il calcio è in buone mani».
© RIPRODUZIONE RISERVATA