Italia, Buffon: «La Svezia? Al peggio non penso nemmeno»

Italia, Buffon: «La Svezia? Al peggio non penso nemmeno»
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Giovedì 9 Novembre 2017, 20:40 - Ultimo aggiornamento: 10 Novembre, 01:00
«Gioco per raggiungere traguardi come questo, il Mondiale, il mio sesto: se ci riesco sarà una grande gioia, all'ipotesi contraria non penso nemmeno»: in bilico tra leggenda e apocalisse - come è stata definito una Coppa del Mondo senza Italia - Gianluigi Buffon non tradisce la tensione con la quale vive l'ennesima vigilia della sua infinita carriera azzurra. Domani la Svezia, primo dei due atti di uno spareggio thrilling per andare a Russia 2018, vale intanto la 174/a maglia azzurra. Come lui nessuno mai, ma il portiere diventato oramai icona globale del calcio vuole e può andare oltre. Non solo per evitare la caporetto dell'eliminazione, di cui esiste un unico precedente, nel '58.

Venti anni dopo l'esordio in nazionale, a Mosca contro la Russia nell'unico precedente di spareggio, Buffon sembra trovarsi qui per chiudere un cerchio. Dopo la Russia, a 39 anni, lascerà la nazionale e deciderà se smettere del tutto per passare a un carriera di dirigente. Oggi però si sente ancora a pieno calciatore, un pò padre nobile della nuova nazionale, un pò simbolo dell'Italia. «Se strappiamo il pass per la Russia, entro nella leggenda», ha ammesso a inizio ritiro, perchè mai nessuno ne ha giocati cinque. Non è un caso che nella sala stampa del Friends Arena di Stoccolma anche i media locali fossero molto più interessati alle sue sensazioni che alle valutazioni del ct Ventura. «Gli svedesi dicono che la pressione sarà tutta su di noi? Non farei a cambio con loro - dice il portiere, che tempo fa confessò di come ancora vivesse le vigilie importanti con un sonno difficile da prendere - Sicuramente l'affronteranno con leggerezza. Senza Ibrahimovic sono tutti più responsabilizzati, Zlatan è uno dei pochi al mondo capace di vincere una partita toccando un solo pallone, e un grande accentratore: ora che non c'è, tutti hanno più coraggio. Ma a noi, ad alcuni di noi, giocare con la pressione fa davvero bene».

Lo dice pensando all'autunno della nazionale di Ventura, dopo il brutto ko di Madrid, quando la nuova Italia perse le sue certezze e si scoprì fragile. In quei giorni, Tavecchio parlò di apocalisse a proposito dell'ipotesi di un Mondiale senza Italia, e a Torino, dopo il pari con la Macedonia, i veterani riunirono la squadra per dare una svolta. Allora Buffon, sempre fedele al segreto dello spogliatoio, non si fece problema a esplicitare che sì, aveva vestito i panni di leader. «Il Mondiale è una competizione grandiosa», ricorda ora a tutti i compagni, lui che da Francia '98 in poi, passando per la vittoria di Berlino 2006, ne ha vissuti 5. Il sesto ne farebbe il primatista assoluto della Coppa del Mondo. «L'Italia è abbonata, ma dobbiamo sudare parecchio per mantenere attivo questo abbonamento».

Di fronte la Svezia e tanti ricordi. «Il biscotto del 2004 tra Svezia e Danimarca per noi giocatori non è più un problema - dice ai media svedesi - È passato tanto tempo, e quella volta uscimmo perchè prima non avevamo fatto quel che dovevamo. La sfida alla Svezia in quell'Europeo è il ricordo più vivo, e forse il meno bello, dei nostri incroci». A tradire i timori di Buffon, anche una considerazione sulla Var. «Domani non ci sarà nè la videoassistenza nè la goal line technology: è strano, l'introduzione delle tecnologie non è uguale in ogni competizione. La posta in palio è alta, ogni episodio può essere decisivo: perchè non si usa?». Solo due mesi fa, l'applicazione della moviola provocava dubbi: ora però il filo che divide la leggenda dalla vergogna è troppo sottile per non avere tutte le paure. Anche quelle vincenti.
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