​Italia, De Rossi: «Non andare al Mondiale sarebbe una macchia sulla mia carriera»

Italia, De Rossi: «Non andare al Mondiale sarebbe una macchia sulla mia carriera»
di Ugo Trani
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Mercoledì 8 Novembre 2017, 14:18 - Ultimo aggiornamento: 16:39

dal nostro inviato
FIRENZE
 «Non andare al mondiale sarebbe una macchia nel nostro curriculum». De Rossi, proprio nella settimana dell'addio di Pirlo, supererà l'ex regista azzurro e diventerà il 4° giocatore nella classifica delle presenze in Nazionale: 117, dietro solo a Buffon che venerdì ne avrà 174, a Cannavaro e Maldini che si sono rispettivamente fermati a 136 e a 126. Il nuovo traguardo del capitano della Roma nell'andata dei play off contro la Svezia: «Partita che non si può sbagliare. Senza per forza usare, però, parole come sangue e sudore. Perché se bastasse fare una lotta o una guerra in campo, allora tutti potrebbero giocare in Nazionale. Ci vuole intelligenza e qualità, esperienza e attenzione. Il resto sarà come nelle altre gare: non cambieranno il numero dei giocatori, le misure del campo e le regole. O il pallone e le regole. In questo senso sarà una gara normale, in cuni non non cambieremo il nostro modo di giocare. Con le armi che usi per battere qualsiasi squadra. Poi è chiaro che teniamo più a questa che a un'amichevole o alla gara contro il Liechtenstein.  Non tutte le sfide sono uguali».
 


EVENTO UNICO
«Uno spareggio così non l'ho mai fatto. Ho vissuto anche in azzurro turni ad eliminazione diretta. Anche gli ottavi di Champions con la Roma, passati con qualche grande performance. E quarti, semifinali e finali con l?italia. Pure se perdi, hai comunque fatto bene. Qui la sconfitta rimarrebbe per sempre nella nostra carriera. Non bella da ricordare...» chiarisce Daniele. Nessun problema a scendere in campo due volte in tre giorni: «Le deu gare le giochiamo noi come la Svezia. Tanti di noi sono abituati. Sappiamo come si recupera da una all'altra. Non inciderà sul risultato. Giocano in Europa anche loro e quindi sanno come prepararsi». Avverte: «Conta passare il turno e non come si passerà. Ma ci vorrà una prestazione vera. L'allenatore ci metterà la stessa convinzione che ha usato per affrontare le altre partite. Non la sta vivendo diversamente solo perché questa è una gara così importante». E' contento che non ci sia Ibrahimovic: «E' sempre una vantaggio. Anche a 40 e con una gamba rotta, meglio non averlo davanti. Noi conosciamo la Svezia, alcuni giocano in Italia e anche gli altri sappiamo chi sono. Non è una nazionale materasso. E se al mondiale ci voglio andare io che ne ho già fatti tre, gli giocatori svedeci ci tengono addirittura di più perché magari per loro sarebbe il primo. Mi ricordo bene la gara dell'ultimo europeo. Complicata. Non ci hanno dato problemi in difesa, ma ci hanno chiuso ogni sbocco offensivo. Il gol di Eder arrivò da un fallo laterale. Sono rimasti gli stessi o quasi. Come noi. Sedici mesi per una nazionale sono pochi, fai più o meno dieci partite, non ci si vede come in un club. Neanche le altre hanno stravolto le loro rose».

RITORNO AL PASSATO
Ventura ha deciso con quale sistema di gioco schierare l'Italia ne primo spareggio: riecco il 3-5-2, con il gruppo storico. De Rossi non si stupisce: «Premesso che non spetta a me parlare di chi giocherà. Il ricambio generazionale è cominciato da tempo, ma noi più anziani abbiamo sempre fatto parte della Nazionale. Non ci siamo mai sentiti scaricati o abbandonati. Non penso che noi vecchia siamo come il jolly da schierare per salvarsi. ED comunque non basta solo solo l'esperienza per qualificarsi. Bisogna avere anche rabbia, furore e corsa. Serve il mix. E non è che i giovani non siano pronti. Non mi tremarono le gambe nella finale di Berlino. E avevo 23 anni. Nessuno di noi al posto assicurato solo perché vecchio». Al Filadelfia, però, i senatori parlarono ai ragazzi per spiegare loro che cosa significa indossare la maglia azzurra. Daniele, assente per infortuno, non ci vede niente di strano: «Non è stata una riunione che ha sconvolto il gruppo, ma un incontro normale. Naturale. Ne abbiamo avuti diversi e succede spesso che parlino i più vecchi o semplicemente più esperti. Ma non era un periodo nero. Questa non è una nazionale che non ha fatto male. In passato ha stentato anche di più nelle qualificazioni europee o mondiali, facendo poi bene nelle competizioni. Solo che stavolta abbiamo trovato la Spagna nel nostro gruppo e con un posto solo a disposizione per qualificarsi direttamente. Ecco perché siamo a questo punto».

APPELLO ALLA GENTE
«Niente campanilismi, dividendo noi giocatori tra romanisti, laziali, juventini, napoletani, interisti e milanisti. Bisogna tirare per l'Italia e basta». De Rossi punta sull'unità. Nello spogliatoio e anche fuori. «Bisogna stare vicino a questa nazionale. Spero che ci sia una grande cornice a San Siro. Al pubblico non dobbiamo chiedere di avere fiducia, non sarebbe il momento giusto. Dobbiamo mostrare in campo la consapevolezza di essere più forti, accompagnandola da quel po' di paura che ci può essere nel calcio oggi, ormai più organizzato ed equilibrato. I grandi giocatori non ce li hanno solo il Brasile e l'Argentina, ma anche altre nazionali e tra queste anche la Svezia. La fiducia ce la dobbiamo avere noi nello spogliatoi. E' il momento di lavorare, poi ci sarà spazio per i sorrisi. Ma solo se eliminiamo la Svezia. Noi dobbiamo andare al mondiale. C'è continuità, il gruppo è positivo. Vedo un grande spirito di appartenenza. Noi speriamo di ridere, ma non è detto che sarà così. E' il risultato che fa lo stato d'animo, si è visto dopo la sconfitta di Madrid contro la Spagna».

CURRICULUM DA SENATORE 
De Rossi torna all'Europeo. In quel periodo ha conosciuto meglio se stesso: «Quella preparazione importante per me. Li ho capito come mi sentivo, quale può essere il futuro. Sarebbe bello fare il quarto mondiale. Anche se non posso sapere se lo giocherei da protagonista. Sarebbe, invece, un timbro sulla mia carriera non qualificarmi. Nessuno se lo vuol perdere. Per qualcuno il terzo, per altri l'unico o il primo. Ma non è solo un obiettivo da mettere in bacheca». Daniele, 21 reti azzurre, è il centrocampista italiano che ha segnato di più in Nazionale. Il prossimo gol gli permetterebbe di raggiungere, all'11° posto, Mazzola. «Gli faccio gli auguri per il compleanno. E ne approfitto per farli pure a Riva che ha ha festeggiato ieri. Ma, togliendo i paragoni con questi mostri sacri, non avrei mai pensato di fare tanti gol, soprattutto quando sono arretrato. Prima ero mezzala e in quella posizione sono arrivato pure a dodici-tredici gol stagionali tra campionato,, coppe e nazionale. Ora l'esperienza mi sta aiutando, perché sfrutto le palle inattive: rigori, punizioni e qualche colpo di testa». Pirlo È l'amico dei ricordi azzurri più belli: «Anche se da lontano, segue sempre la nazionale. E' qualcosa che ti rimane dentro. Qui ci sono giocatori che la vivono da 10, 15 e Gigi addirittura 20 anni. I pilastri di questa famiglia e i luoghi sono rimasti gli stessi. Magari con Andrea non ci sentiamo per mesi, oppure ci telefoniamo due volte in una settimana. Ora, nei giorni del suo, il saluto che gli hanno tributato allenatori e giocatori, mi ha fatto pensare a quello che accadde a Francesco qualche mese fa». Il 28 maggioall'Olimpico, nel giorno del saluto a Totti. «Omaggio fuori dall'ordinario, per chi nel calcio ha lasciato un'impronta. Di Pirlo, come compagno in azzurro, resta un il ricordo di un amico e un collega leale che non ha mai cercato scorciaotie nei confronti di tecnici, media e tifosi».
 

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