Juventus, arrestati 12 capi ultrà. Minacciavano la società: «I biglietti, o cantiamo cori razzisti». Agnelli: «Costretti ad aderire alle richieste»

Juventus, maxi blitz contro capi ultrà: 12 arresti per associazione a delinquere
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Lunedì 16 Settembre 2019, 07:23 - Ultimo aggiornamento: 17 Settembre, 08:42

Estorsione, autoriciclaggio, violenza privata, vendita illegale di biglietti. Una vera e propria associazione a delinquere, gestita dalle frange ultrà della Juventus. Nel mirino della procura della Repubblica di Torino sono finiti alcuni gruppi ultrà della Juventus. Sono per ora 12 gli arresti eseguiti dalla polizia di Stato nei confronti di altrettanti esponenti di spicco del tifo bianconero, tra cui Geraldo Mocciola, detto Dino, leader dei Drughi

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GLI ARRESTATI
Sono dodici i capi ultrà della Juve arrestati nell'ambito dell'operazione. In manette sono finiti Geraldo Mocciola detto Dino, leader dei Drughi, Salvatore Cava, Domenico Scarano, Umberto Toia, leader di Tradizione, Luca Pavarino, Sergio Genre. Per Fabio Trincchero, Giuseppe Franzo, Christian Fasoli, Roberto Drago sono stati disposti i domiciliari. Misura cautelare dell'obbligo di dimora invece per Massimo Toia e Massimo Corrado Vitale. Geraldo Mocciola era già finito in carcere agli inizi degli anni Novanta per l'omicidio di un carabiniere.

I CLUB ULTRA' COINVOLTI
Nell’ambito dell’operazione denominata “Last Banner”, la Digos di Torino sta arrestando alcuni capi e principali referenti dei “Drughi”, di “Tradizione-Antichi Valori”, dei “Viking”, del “Nucleo 1985” e di “Quelli … di via Filadelfia”. Tutti sono indagati a vario titolo per associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata. Sono in corso – con il coordinamento della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione – ben 39 perquisizioni con la collaborazione delle Digos di Alessandria, Asti, Como, Savona, Milano, Genova, Pescara, La Spezia, L’Aquila, Firenze, Mantova, Monza, Bergamo e Biella, nei riguardi di 37 fra i principali referenti dei gruppi ultrà (ed anche del “N.A.B. – Nucelo Armato Bianconero”), anch’essi indagati nell’ambito della medesima indagine. 
 
 




LA DENUNCIA DELLA JUVENTUS
L'attività di indagine dei poliziotti della Digos - svoltasi per oltre un anno - è scaturita da una  denuncia sporta dalla Juventus ed ha consentito al Gruppo Criminalità Organizzata della Procura di Torino di acquisire incontrovertibili elementi probatori in merito ad una precisa strategia estorsiva posta in essere dai leader dei principali gruppi ultrà bianconeri nei confronti della citata società calcistica. 




LE PAROLE DI AGNELLI

La Juve «è stata costretta ad aderire» alle richieste degli ultrà, «consapevole delle possibili conseguenze negative come cori razzisti ed altre condotte idonee a comportare sanzioni pecuniarie, squalifiche o la chiusura della curva». È quanto ha messo a verbale davanti ai pm di Torino il presidente della Juve Andrea Agnelli sottolineando che la denuncia fatta dal delegato ai rapporti con la tifoseria Alberto Pairetto ha segnato un «punto di rottura con i gruppi ultras» che, «con una serie di comportamenti minacciosi e violenti sono stati in grado di danneggiare e ricattare la società». Ai magistrati Agnelli ha anche ammesso di essere «ben consapevole» che Pairetto fino ad allora «gestiva la distribuzione dei biglietti» ai gruppi organizzati con una «formula agevolata». Una prassi che, mette a verbale il numero uno bianconero, serviva a «garantire un certo flusso dei tifosi allo stadio» e per «controllarli proprio per la loro capacità di creare problemi per l'ordine pubblico».

I PRIVILEGI PER GLI ULTRA'
L'interruzione, alla fine del campionato 2017/18, di alcuni privilegi concessi ai gruppi ultrà ha infatti determinato, sin da subito, una "reazione" dei leader storici che, hanno definito una capillare strategia criminale per "ripristinare" quei vantaggi soppressi ed affermare nuovamente la posizione "di  forza"  nei riguardi  della Juventus.



AL CENTRO DELL'INCHIESTA I "DRUGHI"
E' stata inoltre accertata la capillare attività dei "Drughi" per recuperare centinaia di biglietti di accesso allo stadio per le partite casalinghe della Juventus, avvalendosi di biglietterie compiacenti sparse su tutto il territorio nazionale.
I leader della curva della Juventus avrebbero messo in piedi una «capillare strategia criminale» per ricattare la società bianconera dopo che la Juve aveva deciso di interrompere una serie di privilegi concessi ai gruppi ultrà. È quanto emerge dall'inchiesta della Polizia che ha portato all'arresto dei principali referenti dei gruppi del tifo organizzato bianconero. L'indagine è durata oltre un anno ed è partita da una denuncia della stessa società bianconera.

INTERCETTAZIONI E MINACCE
Secondo investigatori ed inquirenti, dalle intercettazioni e dalle attività d'indagine sono emersi «incontrovertibili elementi probatori» nei confronti dei soggetti coinvolti nell'inchiesta, che sarebbero responsabili di una «precisa strategia estorsiva» nei confronti della Juventus.
«O ci date i biglietti, o cantiamo cori razzisti...», avrebbero minacciato i capi ultrà. 

In sostanza, la decisione della società bianconera al termine del campionato 2017-18 di togliere una serie di privilegi ai gruppi ultrà, ha scatenato la reazione dei leader storici delle varie sigle, che si sono dati da fare con ogni mezzo per riavere quei vantaggi che gli erano stati tolti e per affermare la loro posizione di forza nei confronti della società. Ma non solo: dall'indagine è emerso inoltre che uno dei principali gruppi del tifo bianconero, i 'Drughì, riusciva a recuperare centinaia di biglietti per le partite allo Stadium con una «capillare attività» in tutta Italia, grazie alla compiacenza di alcuni titolari di agenzie e negozi abilitati alla vendita dei tagliandi delle partite della Juve.



ORGANIZZAZIONE DI TIPO MILITARE
«Quella dei Drughi era un'organizzazione di tipo militare: le persone, anche più fidate, venivano allontanate se non rispondevano alle indicazioni del capo indiscusso Dino Mocciola. Queste sono persone che fanno della violenza uno stile di vita. Il tifo è un pretesto. Nemmeno la presenza dei bambini li fermava». Così in conferenza stampa il procuratore aggiunto Patrizia Caputo che, assieme al magistrato Chiara Maina, ha coordinato l'inchiesta sui gruppi ultrà bianconeri.

«Ci sono persone che si sono viste allontanare, anche con violenza, dal posto allo stadio che avevano pagato perché infastidivano il gruppo ultrà. I tifosi vittime hanno reso dichiarazioni e ci hanno permesso di elevare imputazioni. Ci sono poi state estorsioni anche ai danni del gestore del bar dello stadio», aggiunge il procuratore aggiunto Patrizia Caputo. «Gli arrestati sono finiti in manette per reati commessi all'interno dello stadio, ecco una peculiarità di questa indagine», osserva ancora il magistrato.

SIMBOLI NAZISTI
«Miglior capo. Sei un vero leader, in grado di dare le giuste indicazioni a tutti. Senza dubbio non c'è un capo migliore al mondo. Vali oro!». C'è questa scritta sulla targa sequestrata dalla Digos di Torino a casa di Geraldo Mocciola, detto Dino, leader dei Drughi arrestato nel corso del blitz della polizia nella curva della Juventus. La scritta conferma l'indiscusso ruolo di leader di Mocciola, che dopo essere uscito dal carcere per l'omicidio di un carabiniere all'inizio degli anni Novanta, ha riportato i Drughi in auge tra i gruppi della tifoseria organizzata bianconera. Nella sede dei Drughi, a Moncalieri (Torino), la polizia ha sequestrato bandiere e striscioni con simboli nazisti e fascisti, bassorilievi che rappresentano Benito Mussolini, calendari e quadri del Duce.

LO STRISCIONE
Uno striscione con la scritta «La curva Sud è morta» è stato appeso a Torino, in corso Grosseto, poco lontano dall'Allianz Stadium. Il riferimento è alle misure cautelari disposte dalla Procura di Torino ed eseguite dalla Digos nei confronti dei principali leader ed esponenti di alcuni gruppi ultrà bianconeri. Secondo alcune ipotesi, a srotolare lo striscione potrebbero essere stati alcuni esponenti del gruppo «Drughi giovinezza».


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