Serie A, il campionato non conosce il pareggio

Serie A, il campionato non conosce il pareggio
di Benedetto Saccà
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Martedì 9 Ottobre 2018, 10:30
Nel campionato ormai chiaramente già vinto dalla Juventus dopo otto giornate per manifesta superiorità (e totale mancanza di concorrenti provvisti di un coriandolo di credibilità), contro ogni logica esistono comunque motivi di richiamo, e scorci di interesse. Pochi, ma ci sono. Ad esempio, la classe media del torneo si è andata rinforzando, se è vero che oggi sul filo dei quattro punti che legano la seconda alla quinta posizione si sono accomodate cinque squadre; vale a dire il Napoli, l’Inter, la Lazio, la Sampdoria e la Roma. Un anno fa, al contrario, il campionato era dominato da una sorta di oligarchia – composta dalla Juve, dalla Roma e dal Napoli – ma era completamente privo della classe intermedia, sostituita da una marmellata di squadre piccole, talvolta piccolissime, di sicuro a mollo in un laghetto senza orizzonti, né ambizioni. Certo va annotato che ad impoverirsi – anzi, ad azzerarsi del tutto – è stata la lotta al vertice. Siamo diventati come la Ligue 1, in cui domina il Psg... Dunque, giusto per esemplificare, non è complicato scattare una fotografia del contorno del panorama: i bianconeri lassù a regnare indisturbati, un blocco medio a dondolare sull’altalena del podio, un timido gruppo intento ad alzare lo sguardo verso l’Europa League e, infine, la compagnia delle cinque, sei squadre impegnate fino all’estremo palpito nell’impresa di salvarsi dalla condanna della retrocessione.
I MOTIVI
E così, mentre la Juve si rigira nemmeno troppo segretamente nella mente l’idea di centrare nel 2021 il capolavoro del decimo scudetto di fila, oggi il campionato ha deciso di seguire rotte differenti rispetto al passato. A guardar bene tra le pieghe dei risultati, d’altronde, si scopre che lentamente va scomparendo il pareggio. Quasi non servisse più. Spiegano i numeri che nelle 79 partite giocate finora i punteggi di parità sono stati appena 14 (il 17 per cento); e gli 0-0 soltanto quattro, caduti nelle sfide Frosinone-Bologna, Chievo-Empoli, Atalanta-Torino e Cagliari-Sampdoria. Quattro su 79. Nella stagione scorsa, al chiudersi dell’ottavo turno, i pareggi erano stati 16; quelli senza gol, cinque. Insomma, nel tempo, dev’essere intervenuta una qualche mutazione che ha portato le squadre più a virare verso la ricerca della vittoria che non a tentare di gestire un punto. Ed è ovvio che precipitarsi alla cieca verso il successo accresca i rischi di una sconfitta. È uno schema, un riflesso logico: non accontentandosi del pari, si vola all’attacco, correndo il pericolo di esporsi. E di perdere. Del resto bisogna dire che se poi gli avversari conoscono soltanto il passo (fisso) dei tre punti, raccoglierne uno solo equivale a non conquistarne nessuno. Tanto che i gol piovono e ticchettano sul tetto del nostro campionato: dall’avvio del torneo ne sono fluiti 206, al ritmo di 2,61 reti per gara. Giusto per avere un’idea, la media relativa a tutta la passata stagione è stata di 2,68 gol a partita. Se non altro ci si diverte ancora ad ammirare la bellezza dei gesti.
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