Mbappè-Modric, una sfida per decidere il campione

Mbappè-Modric, una sfida per decidere il campione
di Gianfranco Teotino
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Domenica 15 Luglio 2018, 07:30
Programmazione contro improvvisazione. Gioventù contro esperienza. Integrazione contro nazionalismo. Profondità contro palleggio. E’ la finale più strana o più pazza del mondo, fate voi. Inattesa. Sorprendente. Spiazzante. Con una favorita evidente: la Francia. Ma dall’esito tutt’altro che scontato. Se la Croazia dovesse farcela, sarebbe il Paese più piccolo ad avere mai vinto un Mondiale, più piccolo anche dell’Uruguay. Eppure, è l’epilogo più logico di un torneo che fin dall’inizio ha ribaltato le gerarchie consolidate. Sì, si conferma la supremazia della vecchia Europa, ma è un’Europa diversa, con valori intrecciati e ribaltati allo stesso tempo. Delle finaliste, la squadra prodotto di un sistema che funziona, la Francia, è però più giovane e inesperta. Quella che esprime un sentimento nazionale, anzi nazionalista, perfino esasperato, la Croazia, presenta soltanto 2 convocati su 23 che non giocano all’estero. Però i croati sono tutti croati, anche se alcuni segnati da drammatiche storie familiari di spaccature etniche e religiose provocate dalla disgregazione jugoslava. Sono invece 17 su 23 i francesi figli di immigrati di prima generazione.

CALCIO CHAMPAGNE
Sarà la Croazia a tentare di fare la partita: il suo è un calcio piuttosto elaborato, più champagne di quello francese, impreziosito dai ricami di Modric e dall’intelligenza di Rakitic, oltre che dalle accelerate di Perisic (un po’ acciaccato). La Francia è più rapida e diretta. Entrambe le finaliste hanno avuto un controllo di palla superiore al 50%, ma la Croazia vanta un maggiore numero di passaggi. La Francia si presenta con un ct in carica da sei anni, esperto e collaudato, anche se non molto amato. Deschamps può conquistare il Mondiale da allenatore, dopo quello da calciatore: soltanto il brasiliano Zagallo e il tedesco Beckenbauer ci sono riusciti. La Croazia è arrivata in finale con un ct per caso, scelto per disperazione, per evitare di fare la fine dell’Italia di Ventura.
La Francia ha una Federcalcio efficiente e un sistema di centri di formazione per i giovani che il mondo le invidia. La Croazia ha una Federcalcio tenuta sotto scacco da un gruppo di corrotti, legati al famigerato Zradvko Mamic, condannato ai primi di giugno a sei anni e mezzo di carcere per reati legati alle sue attività calcistiche. 
Per capire come pure la scelta di Dalic sia stata operata dai soliti noti (proprio ieri è circolata una foto che ritrae insieme la famiglia Mamic, l’ex ct Cacic e lo stesso Dalic) basta dire che la squadra degli Emirati da dove viene Dalic oggi è allenata dal fratello di Mamic. Oltre al titolo Mondiale, è in palio un po’ di Pallone d’oro. Se lo disputano Modric da una parte e Griezmann (forse anche Mbappé) dall’altra. La Croazia ha giocato 90 minuti più della Francia, ma una finale è capace di cancellare le tossine. I francesi dicono che in tutta la stagione hanno più minuti nelle gambe loro, ma nessuno ha giocato quanto Rakitic: 70 partite prima di oggi. La ricetta di Deschamps è racchiusa in tre parole: “Serenità, fiducia e concentrazione”. Dalic invita i suoi a godersi la partita più importante della vita: “Se qualcuno è troppo stanco per giocare, me lo dirà lui”. Ottimista. In tribuna, accanto a Putin, Macron e alla presidente croata Kolinda Grabar, ci sarà anche Usai Bolt: evidentemente vuole accertarsi se sia vero che Mbappé corre forte quanto lui.
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