Milan, Gattuso: «Stanchi? Non voglio sentire storie, per noi è una finale»

Milan, Gattuso: «Stanchi? Non voglio sentire storie, per noi è una finale»
di Salvatore Riggio
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Sabato 3 Marzo 2018, 14:34 - Ultimo aggiornamento: 17:17

«Nessun alibi». Rino Gattuso avvisa il Milan alla vigilia del derby contro l’Inter. I rossoneri arrivano dalla maratona di 120’ nella semifinale di ritorno contro la Lazio: «Questa è una finale e ci giochiamo tutto».
 
Bilancio. «Mi piacerebbero tante cose. Vincere il derby, la finale di Coppa Italia, l’Europa League e andare in Champions. Ma dobbiamo tenere i piedi per terra e lavorare con umiltà. A noi queste gare servono per alzare l’asticella perché così si cresce più velocemente».

Inter. «Cosa temo? La storia del derby. Quasi sempre vince la squadra che è in difficoltà. Il derby di Coppa lo abbiamo vinto ed eravamo alla canna del gas. Dobbiamo stare attenti perché non mi piace sentire dire che siamo i favoriti. Loro sono davanti a noi di sette punti e sono più forti di noi».
 
Spalletti. «Luciano mi spaventa perché è un grandissimo. Ha esperienza ed è molto preparato, sa come affrontare queste gare. Dobbiamo leggere al meglio la partita».
 
Condizione fisica. «Per come alleniamo noi, è simile a giocare una partita ma senza lo stress mentale. Credo che la squadra sia pronta per il derby, abbiamo anche riposato e i ragazzi sono freschi. Non possiamo sbagliare e non c’è alcun alibi. È una finale. Ci giochiamo tanto, anzi, tutto».
 
Derby. «Da giocatore potevo sfogarmi di più, da allenatore è molto più difficile. Dobbiamo essere umili, rispettosi nei confronti dell’Inter e coscienti di quello che dobbiamo fare. Loro possano ancora sbagliare, noi no. Dobbiamo fare le cose per bene e giocare senza il braccino. E non voglio sentire la parola stanchezza, nessun alibi. Voglio undici avvelenati».
 
Svolta in Coppa Italia. «Pensavo solo a vincerlo e riscattare la sconfitta con l’Atalanta. In quel periodo al primo schiaffone lasciavamo il campo. Sapevo che quella gara potesse farci svoltare, ma la mia testa era solo sulla vittoria».
 
Timori. «Temo il pericolo di pensare di essere bravissimi e fortissimi, non scordiamoci da dove siamo partiti. Non abbiamo fatto ancora nulla. I presupposti per fare qualcosa di importante ci sono, ma non deve mancare il sacrificio e la voglia di allenarsi».
 
Kalinic. «Proteggo sempre i miei giocatori fino a quando avranno voglia e rispetto dello spogliatoio e dei compagni. Io posso dare loro anche il mio cuore e a Nikola continuerò a dare opportunità perché è forte, si deve riprendere. Al gol sbagliato da lui ho sperato di passare altrimenti lo avremmo perso, ma lui è forte ed è un attaccante vero. Ci ho parlato spesso ma non solo io, anche i suoi compagni. È questo il senso di appartenenza».
 
Icardi. «Se sono preoccupato dal suo rientro? Assolutamente sì. È uno dei più forti al mondo, è un cecchino. Se ha una o due occasioni, non perdona mai».
 
Dichiarazioni Bonucci. «Io come Conte? Quando vincerò quello che ha alzato Antonio e avrò 300 panchine in A, allora potremo fare dei paragoni. Posso assomigliarli caratterialmente, ma finisce lì».
 

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