Roma, al Franchi c'è "sette" di rivincita

foto Tedeschi
di Alessandro Angeloni
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Mercoledì 18 Dicembre 2019, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 08:01
 Faceva freddo, pioveva. Poi è venuta giù la neve, tanta. Buio pesto quel pomeriggio, ultima volta dei giallorossi a Firenze. Sette gol presi da una Roma che stava morendo, e che da lì a poco, infatti, è morta. Eusebio Di Francesco aveva perso il controllo della situazione, Monchi stava pian piano mollando per volere di Jim Pallotta, che ormai già guardava oltre. Da quel giorno stava cominciando a rinascere una nuova Roma, l’ennesima. Quella di oggi.
PROTAGONISTI
Eccoli, uno per uno, i ragazzi della disfatta contro la Fiorentina, quel 30 gennaio, appunto, indimenticabile: Olsen, Florenzi, Manolas, Fazio, Kolarov, Cristante, Nzonzi (1’ st Lo. Pellegrini), Zaniolo, Pastore (1’ st Dzeko), El Shaarawy (32’ st De Rossi), Schick. Nemmeno male come squadra, se ci pensiamo oggi, poi in campo sembravano pulcini bagnati. Quel Pastore lì non era quello ammirato per uno scorcio di questa stagione, Dzeko se ne stava in panchina, almeno all’inizio, e forse sarebbe stato meglio se lì fosse rimasto per tutti i novanta minuti, vista l’espulsione (al minuto 72) che gli è costata due turni di squalifica in questa Coppa Italia. C’era gente che a Roma abbiamo quasi dimenticato, come Nzonzi, Olsen e Schcik, che scarsi non erano ma - in quel contesto - lo sembravano, eccome. C’era Manolas, dimenticato per i meriti acquisiti sul campo da parte di Smalling e Mancini. C’era Cristante, che correva prima e non ha mai smesso, se non per l’infortunio che lo sta tenendo fuori squadra da quasi due mesi. C’erano Zaniolo e Pellegrini, non certo quelli che stiamo ammirando oggi. E’ passato quasi un anno da quel giorno in cui la Fiorentina di Veretout (sì, proprio lui, c’era e s’è fatto sentire) schiantò la Roma, sembrano secoli. I giallorossi tornano al Franchi e qualcuno spieghi a chi non c’era cosa sia realmente accaduto quel giorno dell’epocale ammutinamento. La Roma si presenta sul luogo del delitto con ben altra struttura tecnica a dirigenziale: da Monchi siamo passati a Petrachi, Baldissoni non si occupa più della squadra, c’è Fienga al comando del bene e del male, da Di Francesco siamo passati a Fonseca. Veretout gioca nella Roma. Dzeko c’è e se quel giorno già pensava all’addio, oggi è con i piedi ben piantati sul territorio, sempre a caccia dei gol, che ne fa ma potrebbe farne di più. Zaniolo è il gioiello, non più il giovanotto di belle speranze. Lui che proprio al Franchi ha timbrato la sua prima da titolare in campionato, pochi mesi prima di quel gennaio funesto: quello stadio per Nicolò ha due facce, non solo quella negativa. Ci sarà Mancini, che a Firenze rimpiangono, perché in viola è nato e la Viola se l’è lasciato scappare. 
CENA DI NATALE
Venerdì non sarà Coppa, ma campionato e la Roma è lì, quarta, con lo sguardo rivolto in avanti, la Fiorentina si deve guardare le spalle. Serve almeno un pari per chiudere l’anno da quarta. Un campo non facile per la Roma, mai. Al di là dell’incubo dello scorso gennaio. Ricordiamolo ancora, potrebbe servire: 7-1, 3 gol di Chiesa, Kolarov, Muriel, Benassi, e due di Simeone. Allenatore Pioli, dimessosi il 9 aprile. Venerdì, rieccoci, sarà un’altra storia. La rivincita. Per stringersi di più intorno agli obiettivi, ieri cena natalizia tra squadra, staff tecnico e dirigenti (presente anche Lotito come “intruso”). Al Parco dei Principi. L’occasione, magari, per ricordare quel freddo gennaio di Firenze. 
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