SARRI DOCET
Ma da quei cross ha segnato meno di altri, ad esempio, del Napoli che ne ha calciati duecentotrentotto: reti della Roma cinque, quelli della squadra di Sarri, quattordici. Quasi un terzo in meno. Il concetto è chiaro, oltre all’allenamento servono quelli che sanno interpretare bene quel tipo di situazione e Insigne, Mertens, Hamsik, Pjanic e Douglas Costa, tanto per fare due esempi, sono più avanti rispetto ai giallorossi, che hanno in Kolarov l’unico (o quasi) in grado di incidere sulla palla inattiva. Infatti la squadra di Di Francesco ha chiuso il campionato con sole due punizioni dirette realizzate, entrambe per il piede sinistro del serbo e le ricordiamo senza consultare internet o gli almanacchi: Bergamo, prima giornata di campionato, e Torino. Il mito che per essere incisivi su palle inattive bisogna essere pesanti, ovvero avere chili e centimetri in area di rigore, è presto smentita proprio con i dati del Napoli, che in questo campionato ha mostrato una certa efficienza sul gioco da fermo pur non avendo attaccanti forti fisicamente (Milik non è stato quasi mai a disposizione). Di Francesco, a differenza di Sarri, ha anche gli uomini giusti per far male in area: la Roma ha segnato nove reti di testa (la media campionato è otto), cinque in meno della migliore, Inter. Dzeko è quello che ne ha realizzati di più, cinque (secondo solo a Pavoletti, il top con nove), poi uno per uno Fazio, Manolas, Pellegrini e Schick. Funziona bene invece la fase difensiva su palle da fermo: otto le reti subite (da corner solo due), l’Inter con sei ha fatto meglio. La conclusione diventa facile: la Roma legge bene le situazioni difensive e sfrutta male (o meno) quelle offensive. Che alla fine ti fanno vincere le partite, questo è noto. La Lazio, che sulla carta ha un organico inferiore alle prime della classe, è riuscita a tenersi a galla fino alla fine anche per questi dati. E se la Roma sta cercando sul mercato gente anche dal piede caldo, non ci stupiamo di certo. Questi dati sono a disposizione di tutti, i primi a saperlo sono Monchi e Di Francesco (che sono «un’unica persona» cit bis).
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