Roma, ma cos'è questa crisi?

Di Francesco
di Alessandro Angeloni, Mimmo Ferretti e Ugo Trani
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Martedì 18 Settembre 2018, 07:30
Roma in crisi. Viaggio tra cause (evidenti) e rimedi (possibili): c’è da evitare di rovinare la stagione. Ecco il dibattito a Il Messaggero.

 


Perché la Roma ha subito questa involuzione tattica? «Perché in alcuni ruoli, a cominciare dagli intermedi di centrocampo, c’è poca scelta, nonostante i 12 colpi nell’ultimo mercato. Così alcune mosse sono obbligate. Spesso diventano azzardate o controproducenti».

Quali sono le responsabilità di Di Francesco? «Non aver detto pubblicamente, come è successo l’anno scorso, in quali ruoli avrebbe voluto i principali rinforzi; non aver difeso il titolare Strootman come fece a gennaio con Dzeko; aver cambiato troppo nelle ultime partite, disorientando la squadra e sconfessando se stesso».

Che cosa si può fare da qui a gennaio, quando riaprirà il mercato? «Scegliere il sistema di gioco e utilizzare i giocatori adatti senza guardare in faccia nessuno, big e giovani. Anche a costo di rinunciare a mettere in campo gli acquisti di quest’estate. Se oggi non sono pronti, meglio non bruciarli. Aspettandoli ci guadagna la squadra. Del presente e magari anche del futuro».

Il mercato è stato sbagliato?
«Più che altro poco mirato all’esigenze dell’allenatore. L’errore più grave: aver ceduto Strootman senza poterlo sostituire. In più dall’estate del 2017 la Roma cerca l’esterno alto a destra di piede mancino. Dopo Mahrez, niente da fare nemmeno con Malcom. L’acquisto andava fatto a gennaio. O quantomeno bloccato il giocatore. Il terzino destro, con Karsdorp in chiaro ritardo, andava preso».

Le cessioni, alcune almeno, erano evitabili?
«Le plusvalenze sono la priorità della proprietà Usa. I migliori, se la società ha l’intenzione di restare al vertice in Italia e in Europa, non si cedono. Se proprio è necessario lasciarli andare, bisogna rimpiazzarli con giocatori dello stesso livello. Spesso non accade».

Perché Di Francesco non si è opposto/imposto di più durante l’estate?
«Perché gli è stato detto chiaramente che almeno Alisson e Nainggolan sarebbero stati ceduti. E che gli avrebbero preso l’esterno alto a destra di piede mancino».

La Roma non va bene anche per un problema legato alla preparazione?
«Non si può escludere, nel senso che almeno contro l’Atalanta e il Milan i giocatori hanno giocato solo mezza partita. Ma il problema è che la Roma non ha stabilità. C’è bisogno di tempo per ritrovare la sintonia tra i reparti e quella tra i singoli».

Di Francesco rischia il posto?
«Attualmente no. Monchi, anche in pubblico, lo difende e lo sorregge. E’ chiaro che i risultati possono complicare la sua avventura a Trigoria. Oggi è sotto osservazione. Più in campionato che in Champions».

L’eventuale cambio dell’allenatore cosa modificherebbe?
«Dipende dal tecnico scelto, ovviamente. La Juve è distante da 7 anni e si è fatto poco per avvicinarla. La Roma spesso è stata più debole dall’anno precedente».

Quali sono le responsabilità della società?
«La rinuncia alla continuità: la rosa viene sempre smontata e rimontata».

Perché la squadra viene smantellata ogni anno?
«Inizialmente per il Fair Play Finanziario. Oggi per ringiovanire la rosa e provare ad abbassare il monte ingaggi».

Quale obiettivo ha la Roma in questa stagione?
«Come ha detto Totti, la Juve fa un campionato a sé. Quindi la squadra di Di Francesco punta ad arrivare dal 2° al 4° posto».

Non c’è il rischio che i giocatori, senza avere l’obiettivo di vincere, siano meno motivati?
«I giocatori sono professionisti strapagati e non dovrebbero neppure ipotizzare un cosa simile. Devono giocare e dare il massimo sempre e comunque».

Considerata la strategia di mercato della Roma che, da anni, prevede sempre cessioni eccellenti, non è che i giocatori si sentono sempre di passaggio?
«Lo dicono loro, nelle interviste: Schick sogna lo United, Kluivert il Barça».

Come mai Dzeko ha spesso il muso?
«Forse è il suo carattere o forse non si sente tatticamente a suo agio perché ogni anno deve abituarsi a nuovi compagni.
Ma non può e non deve essere un alibi»-
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