BENIAMINO DEL TIFO
Prima dell’accelerazione pomeridiana, Di Francesco non s’era nascosto: «La trattativa in corso è concreta. Le parti stanno facendo una valutazione». Anche in seguito, quando Eusebio - incalzato sull’argomento - aveva parlato dell’olandese, lo aveva fatto già al passato: «Fino a quando è stato con me è stato considerato un giocatore importante». Tre ore dopo, la notizia della mancata convocazione ha chiuso il cerchio. Strootman lascia Roma dopo cinque stagioni e tre operazioni al ginocchio che lo hanno fatto entrare nel cuore dei tifosi. La sofferenza per rientrare, il gol al derby, il litigio con Cataldi, il gesto dell’ombrello a Torino in tribuna contro la Juventus, il ghigno che non lo abbandonava mai, nemmeno nei momenti felici, hanno contribuito a renderlo un beniamino della gente. La sua partenza, apre le porte ad un maggiore impiego di Cristante e Pellegrini. Ed è anche in quest’ottica che ha ragionato il club: «Le situazioni vanno lette a 360 gradi, va guardato il calciatore, la società e anche io - ha provato a spiegare ieri il tecnico - Abbiamo tanti centrocampisti, alla fine le scelte vanno fatte insieme. Io faccio l’allenatore e in questo momento prima di tutto viene l’importanza della squadra, della Roma, anche in riferimento a Kevin». Quello che non convince però è la tempistica. Cedere Strootman quando il mercato in entrata è chiuso, senza avere quindi la possibilità di rimpiazzarlo o d’investire la somma ricavata in un altro ruolo (ad esempio nell’esterno destro richiesto dall’allenatore) lascia molto perplessi. Non però chi ha letto cosa pensa Monchi, quando analizza le cessioni, nel suo libro scritto insieme a Pinilla: «Ho capito che quello che il tifoso in generale desidera, è vincere un titolo. Per quanto una tifoseria si esprima contro una cessione, deve prevalere sempre il criterio tecnico globale. Nessun tifoso scambierebbe un giocatore con un successo». Per una tifoseria che ha vissuto la favola di Totti - e abituata negli anni ad avere in rosa lo spirito di appartenenza incarnato dai vari De Rossi, Giannini, Aldair, Conti e Voeller - è forse più difficile digerirlo. Ma tant’è: se questo è il nuovo calcio, la Roma è a digiuno di vittorie da 10 anni. Proprio in virtù di quelle riflessioni, è arrivato il momento di porre fine all’astinenza.
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