Russia 2018, onore ai vinti: la Croazia saluta il Mondiale a testa altissima

Russia 2018, onore ai vinti: la Croazia saluta il Mondiale a testa altissima
di Ugo Trani
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Lunedì 16 Luglio 2018, 11:00
Il bilancio sarà anche banale, ma è impossibile leggerlo in maniera diversa: l’unica sconfitta del mondiale non cancella la storica impresa della Croazia. Che, anche nella finale di Mosca, ha comunque dato un senso alla sua avventura in Russia. Più stanca della Francia per le 3 partite di fila giocate fino ai supplementari (e 2 fino ai rigori) e per il giorno in meno di riposo, ha fatto la partita. Nel senso che se l’è giocata più Dalic di Deschamps. Non è bastato, anche se il verdetto è sembrato esagerato. Il crollo nella ripresa sotto i colpi dei giovani campioni in bleus è stato fatale. Ma proprio lì si è capito che questa nazionale quadrata e tecnica, fisicamente robusta e caratterialmente superba, ha chiuso il suo ciclo fantastico a Mosca. L’età media (29 anni e abbondanti) degli undici che hanno iniziato la sfida allo stadio Luzhniki inciderà sul futuro del gruppo vicecampione del mondo. Subasic (33), Modric e Mandzukic (32), Strinic e Rakitic (30), e anche Lovren, Vida e Perisic (29): sono, insomma, 8 i titolari che non hanno la certezza di essere protagonisti tra 4 anni in Qatar.

CUORE D’ITALIA
I gol croati della finale vengono direttamente dalla nostra serie A: Perisic e Mandzukic (per lo juventino anche l’autorete di inizio match: mai successo nelle precedenti 20 edizioni) che nel torneo ne hanno realizzati 3 a testa. Sono stati i trascinatori della nazionale di Dalic, insieme con Modric (Pallone d’oro di Russia 2018). Ma accanto a loro sono stati protagonisti altri calciatori che giocano o sono passati nel nostro campionato. Da Vrsaljko, il terzino destro dell’Atletico Madrid che ha vestito la maglia del Sassuolo di Di Francesco e che vorrebbe tornare in Italia, Strinic, il fluidificante mancino che è passato dal Napoli e dalla Sampdoria prima di finire al Milan e Brozovic, il mediano dell’Inter di Spalletti. Come se non bastasse hanno partecipato pure Kovacic, l’ex centrocampista dell’Inter di Mazzarri e Mancini che è campione d’Europa con il Real, Pjaca, l’esterno offensivo che la Juve ha prestato nella scorsa stagione allo Schalke 04, Badelj, il play della Fiorentina di Pioli, e il difensore Jedvaj che, nemmeno diciottenne, entrò 5 anni fa nella rosa della Roma di Garcia, lasciata poi per il Bayer Leverkusen. 

GRUPPO TRICOLORE
I 9 convocati dal ct croato (nei 23 addirittura 10, con Kalinic, centravanti del Milan, cacciato prima dell’inizio della competizione) sono la testimonianza che la serie A, nonostante la Nazionale abbia fallito la qualificazione dopo 60 anni, ha ancora il suo fascino mondiale. Poco o tanto che sia, le loro prestazioni hanno coinvolto direttamente i nostri club. Soprattutto la Juve e l’Inter. Il testimonial dell’exploit della Croazia è senz’altro Mandzukic. Che si è confermato attaccante completo e decisivo. La sua affidabilità nasce dal lavoro fatto a Torino con Allegri che non lo ha considerato solo centravanti. Lo ha spesso spostato sulla fascia per mettere la sua fisicità e soprattutto la sua personalità al centro del sistema di gioco della Juve. Anche Spalletti, però, va alla cassa dopo questo mondiale, ricevendo da Dalic il miglior Perisic degli ultimi anni. Se n’è subito accorto Mourinho che lo vorrebbe con sè allo United. Perché non si vive solo di Ronaldo. E la spesa in Russia è appena cominciata.
 
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