Un anno fa Totti ha appeso gli scarpini al chiodo, salutando la sua Roma con la fascia di Capitano al braccio. Un dramma sportivo per tutti; una tragedia per chi lo aveva visto e ammirato per 25 anni di fila con la maglia della Roma. Un addio struggente, che ha colpito il cuore di romanisti e non; che lasciato con un buco nello stomaco anche i suoi nemici di una vita. Uno spettacolo meravigliosamente doloroso, con sessantamila e passa persone all’Olimpico a piangere con lui.
LA SECONDA VITA
Oggi Francesco è un dirigente in carriera del club giallorosso che sta studiando per diventare un bravo professionista, aiutato in questo dal maestro Monchi. Se per i tifosi tutto è cambiato da quel “Vi amo” urlato con le mani tra i capelli all’Olimpico, per lui da quel momento è cominciata un’altra vita. Sempre a Trigoria, ogni giorno, al fianco della squadra del suo amico Eusebio Di Francesco, ma senza più gli scarpini ai piedi. Più un amico, un ex collega per Daniele De Rossi e compagni che un uomo della società. Ma passare dal campo alla scrivania non è facile neppure per un fuoriclasse come lui. Uno che, se ne avesse avuto la possibilità, avrebbe continuato a giocare anche in questa stagione, e forse anche nelle prossime dieci o venti, perché giocare al calcio è (o forse è stata...) la sua vita. Maledetto tempo. Affermare che Totti in quest’anno non è mancato, e non manca, ai tifosi della Roma significa raccontare una bugia. Al punto che, ancora oggi, è lui, la sua immagine ad essere la più (ri)cercata in ogni angolo del mondo. E la sua maglia numero 10, che non esiste e non esisterà più nella rosa della Roma, continua ad essere la più venduta. Sarebbe stato strano, se ci pensate bene, il contrario: Francesco è stato per 25 anni abbondanti, nel bene e nel male, la Roma. E i tifosi della Sud, un anno fa, lo hanno testimoniato/confermato con uno striscione grande così. Totti, del resto, non è e non sarà mai un ex, e non soltanto perché continua a lavorare per la Roma: lui continua ad essere ciò che era prima, ieri con gli scarpini ai piedi e oggi con il nodo della cravatta allacciato al collo. Gli ci sono volute un po’ di settimane, forse di mesi prima di capire che cosa avrebbe fatto da grande: ha tentato di capire se la sua strada era quella della panchina, ma ha desistito in fretta. Ha accarezzato l’idea di non mollare, poi si è reso conto che la mossa migliore era quella di piazzarsi sotto l’ala protettrice di Monchi per cominciare a vedere, e a capire, il calcio da un’altra angolazione.
L’EREDE CHE NON C’È
Scontato aggiungere che, in campo, alla Roma è mancato e manca uno come lui; anzi, lui. Impossibile il contrario, ovviamente; e impossibile anche il paragone con qualsiasi altro calciatore, tesserato di James Pallotta oppure no. Totti è unico, e usiamo il presente del verbo proprio per rendere omaggio alla sua grandezza infinita, senza tempo. Ecco perché scarseggiano anche nelle chiacchiere della gente i nuovi Totti: troppo complicato avvicinarsi al Capitano; troppo rischioso fare paragoni con il più forte giocatore della storia della Roma; troppo azzardato esporre chicchessia al gioco dello specchio con Francesco. Maledetto tempo, che non asciuga le lacrime.
© RIPRODUZIONE RISERVATA