Verdi, il suo no sa tanto di sì ad un altro club

Verdi, il suo no sa tanto di sì ad un altro club
di Mimmo Ferretti
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 17 Gennaio 2018, 10:00 - Ultimo aggiornamento: 17:08
E se alla base di tutto ci fosse la Sindrome di Giaccherini? Del resto, una risposta certa al no di Verdi al Napoli per ora non c’è. Ecco perché sono autorizzate ipotesi di ogni genere. Tipo: il fantasista del Bologna ha declinato l’invito a trasferirsi al Napoli perché già in parola con un altro club per la prossima estate. Una società che gli garantirebbe più titolarità rispetto a quella che avrebbe trovato al Napoli. Non una questione di soldi, insomma, ma tecnica. E sulla tracce di Verdi, nei mesi passati, si sono mosse con decisione anche Inter e Roma. Che, dando un’occhiata ai loro organici, avrebbero più spazio per uno come lui, visto che Insigne e Callejon stanno da un’altra parte. Stanno appunto a Napoli dove, ormai parecchio tempo fa, è arrivato Giaccherini, che ha giocato poco o niente. E, forse, Verdi - ecco il punto - non se l’è sentita di restare vittima della sindrome che a Napoli ha colpito l’ex juventino. Maurizio Sarri, si sa, è uno che quando trova gli undici giusti va avanti con quelli e cambia raramente. Le riserve a Napoli sono realmente riserve, non altri titolari, e forse Verdi di fronte alla prospettiva di guardare sistematicamente dalla panchina giocare gli intoccabili Insigne e Callejon ha preferito restare al calduccio di Bologna dove una maglia non gliela toglie nessuno. Arrivando al punto, addirittura, di dire no anche alla possibilità di vincere lo scudetto, con tutto quello che di buono si porta dietro.

LA CLAUSOLA DEL MISTER
Ecco perché il suo no è davvero strano, pesante e, per ora, indecifrabile. Di certo, a Napoli l’avrebbe voluto con tutto se stesso Sarri, che lo aveva allenato all’Empoli. Ma è lecito ipotizzare che proprio il tecnico toscano abbia giocato paradossalmente un ruolo negativo in tutta la faccenda. I calciatori, grazie ai loro agenti, sono diventati autentiche aziende di se stessi, con l’obiettivo di trarre il massimo profitto dalla loro carriera. Vietato sbagliare anche la minima mossa, in parole povere, per non perdere potere (economico). Andare, ad esempio, al Napoli con l’etichetta di figlioccio di Sarri e magari ritrovarsi tra pochi mesi senza Sarri in panchina, è un rischio che nessuno vorrebbe correre. Verdi compreso, probabilmente. Perché oggi non c’è certezza che il toscano sarà sulla panchina del Napoli anche nella prossima stagione. Dal prossimo 2 febbraio al 31 maggio, si apre per qualsiasi club la possibilità di pagare la clausola (8 milioni di euro) e portarsi via Sarri, con Aurelio De Laurentiis impotente. Chiaro? Il caso Verdi, insomma, potrebbe celare uno scenario più ampio. Indizi, certo, ma da non trascurare.

IL RUOLO DEL BOLOGNA
Chiacchiere e ipotesi a parte, resta il no di Verdi e il mancato introito del Bologna. C’è qualcuno, però, che ritiene che la risposta negativa del giocatore al Napoli non sia stata concordata con la società? Il Bologna tace, forse perché quei soldi, domani, li avrà da un’altra società. E qui torniamo all’inizio, al gioco dei se e ma. E le parole di Verdi («Ho scelto Bologna perché fin dall’inizio avevo detto che avrei voluto finire la stagione qui. Cosa succederà a giugno si vedrà, ora penso a questo campionato») più che chiudere il discorso sembrano aprirne molti altri. Fantamercato? Quando ci sono di mezzo uomini e soldi, si sa, nulla va dato per scontato.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA