Milano carcere Beccaria, inchiesta partita grazie alla psicologa. Pm: «Omissioni di figure apicali su torture»

Un ragazzo: gli agenti dicevano «di aver esagerato» ed erano «preoccupati»

Milano, carcere minorile Beccaria, inchiesta partita grazie alla psicologa: dai segni dell'anfibio sul collo ai rumori di pestaggi
3 Minuti di Lettura
Martedì 23 Aprile 2024, 14:08 - Ultimo aggiornamento: 18:20

Qualcosa, qualcuno ha visto e sentito dentro le mura del carcere minorile Beccaria di Milano. Arrivavano racconti di «rumori di pestaggio e urla», di agenti arrivati «in venti», e poi «preoccupati di aver esagerato», di «lividi» e «segni dell'anfibio sul collo». Sono quelli che ha raccolto, attraverso colloqui con alcuni ragazzi che erano detenuti, una psicologa in servizio presso il carcere minorile Beccaria di Milano. Ne ha parlato, poi, col consigliere comunale David Gentili, che ha trasmesso le informazioni al Garante dei detenuti del Comune di Milano, Francesco Maisto. Segnalazioni arrivate, infine, in Procura e finite nell'inchiesta che ieri ha portato in carcere per tortura e altri reati 13 agenti di Polizia penitenziaria e alla sospensione di altri 8.

Beccaria, magistrati:  omissioni da figure apicali

C'era una rete di omissioni e omertà che ha protetto le violenze al Beccaria. Il «metodo di violenze ha avuto il suo principale fondamento nel contributo concorsuale omissivo e doloso di una serie di figure apicali, con posizione di garanzia effettiva nei confronti dei detenuti» e «fra questi» l'ex «comandante della Polizia Penitenziaria», Francesco Ferone, ieri sospeso, «che ha consapevolmente agevolato e rafforzato le determinazioni criminose dei suoi sottoposti».

Lo scrivono l'aggiunto Letizia Mannella e i pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena nella richiesta di custodia cautelare da cui è scaturita l'ordinanza del gip Stefania Donadeo. 

Carcere minorile Milano, i ragazzi confidarono le sevizie alla psicologa

Quelle violenze sono però emerse grazie ai colloqui con una figura fondamentale: la psicologa che segue i giovani detenuti del Beccaria. Il 30 marzo 2023 la psicologa, davanti ad inquirenti ed investigatori, ha rivelato lr confidenze di «alcuni ragazzi», ricostruendo così, in particolare, tre aggressioni. Ha spiegato che in quei colloqui è venuto a galla «un clima particolarmente pesante» all'interno del Beccaria «con un recente aumento della frequenza delle segnalazioni di episodi critici». Un giovane, in particolare, le aveva riferito «che era scoppiato un incendio» e che «tale incendio era stato attribuito» ad un ragazzo (una delle 12 vittime delle presunte violenze). Quest'ultimo «venne portato in un ufficio del capoposto (...) mi raccontò di aver sentito rumori di pestaggio e urla». Poi, la descrizione dei «segni dell'anfibio sul collo».

 

Pestaggi nel carcere minorile di Milano, i poliziotti in guerra con il direttore: «Non ci copre, mettiamoci in malattia»

E ancora: «Mi ha parlato di rumori di colpi e che erano arrivati in venti agenti (...) mi ha anche raccontato che quel ragazzo sarebbe stato ammanettato». E che gli agenti dicevano «di aver esagerato» ed erano «preoccupati». Un altro ragazzo le ha riferito di «un pestaggio» subito direttamente da quattro agenti.

«Aveva un problema di dipendenza - ha messo a verbale la psicologa - chiedeva l'accendino per fumare». Gli agenti «lo avrebbero invitato a fumarla nel loro ufficio, ove poi lo avrebbero picchiato». E un altro ancora le avrebbe detto che un altro giovane «fu picchiato pochi giorni dopo di lui» e che «lo aveva sentito dai rumori quando si trovava nel reparto infermeria». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA