Israele, Mayer Soliani: «Dall’Olimpico alla linea del fronte, per me è un onore combattere»

Il militare israeliano nato a Roma: «Ho già fatto il biglietto di Atletico-Lazio, spero che la guerra finisca prima»

Israele, Mayer Soliani: «Dall’Olimpico alla linea del fronte, per me è un onore combattere»
di Valeria Di Corrado
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Lunedì 16 Ottobre 2023, 23:59 - Ultimo aggiornamento: 17 Ottobre, 12:04

«Ho già comprato il biglietto per l’ultima partita della Lazio nel girone di Champions League. Speriamo che la guerra finisca prima del 13 dicembre, così posso andare a Madrid». Nelle parole speranzose di Mayer Soliani, sergente dell’esercito israeliano nato a cresciuto a Roma (come testimonia lo spiccato accento), c’è tutta la spontaneità e l’ottimismo di un ragazzo di 21 anni che vorrebbe solo vivere una vita normale come i suoi coetanei: andare allo stadio per sostenere la sua squadra. Invece la follia della guerra lo ha messo davanti a un bivio, in cui ha scelto con grande coraggio di combattere in prima linea per difendere il suo Stato. A 9 anni infatti (come ha raccontato anche a RaiNews24) si è trasferito in Israele con i genitori e i due fratelli. Ma a Roma, oltre agli zii, ai cugini e agli amici, ha lasciato il cuore all’Olimpico. 

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Ogni quanto torni?
«Vado a vedere almeno due o tre partite all’anno della Lazio. Sono molto tifoso. Non posso negare che avrei preferito stare in curva nord invece che al fronte. Ma sono onorato di poter proteggere il mio popolo». 
Hai scelto tu di arruolarti o è obbligatoria la leva?
«Non è obbligatoria. Compiuti 18 anni l’esercito ti manda una lettera a casa in cui ti invita a svolgere il servizio militare. Due anni fa, dopo aver terminato le scuole superiori, mi sono arruolato nel corpo dei carri armati. L’ho sempre voluto. Sono cresciuto con i racconti del mio bisnonno deportato. Sento un obbligo morale nei suoi confronti».
Pensi sarebbe stato d’accordo?
«Sì, io spero che mi guardi da lassù e sia orgoglioso di me».
E i tuoi genitori sono d’accordo?
«Sono terrorizzati per ciò che potrebbe accadermi, ma fieri».
Anche i tuoi fratelli si sono arruolati?
«Mio fratello grande ha fatto il servizio militare ma non è stato riformato perché ha un problema a una spalla, oltre che moglie e figli. Mio fratello piccolo ha solo 8 anni. Spero che da qui a quando compirà 18 anni non ci sia più bisogno della leva».
Cosa vorresti studiare all’università?
«Psicologia e criminologia. Mi piacerebbe sondare l’animo dei criminali».
A tal proposito, che idea ti sei fatto dell’attacco di Hamas?
«Siamo ai livelli del nazismo. Per loro ogni ebreo è una preda. Non ho mai visto tanto odio. Ci sono filmati di donne incinte rapite a cui vengono strappati i feti. Videochiamano le madri per farle assistere allo stupro delle figlie. Sono nazisti modernizzati: usano le tecnologie in modo sadico. Si possono definire esseri umani? Quello che fanno non è una guerra, è un massacro. Non gli interessa se sei un disabile, un anziano o un bambino. Hanno ammazzato anche gli arabi. Se stai in Israele per loro devi morire. Non vogliono due Stati, vorrebbero che noi non esistessimo. Se Israele abbassasse le armi ci sterminerebbero, se loro abbassassero le armi ci sarebbe la pace».
Hai paura?
«Non avere paura è stupido. Io so cosa mi sto giocando, ma so anche che sto proteggendo il mio popolo e il mio Stato, e così riesco a non avere paura. Ci hanno preparato bene: ho fatto un anno e mezzo di addestramento».
Vi aspettavate questo attacco?
«No, nessuno se lo immaginava. Ci hanno spiazzato. Il livello di allerta era pari a zero».
I civili vi sono solidali?
«Si sono messi tutti all’opera. Quando passiamo per strada ci ringraziano e ci fanno gli auguri. Oggi (ieri, ndr) nel tragitto tra casa mia e Gaza mi hanno regalato due stecche di sigarette, cuscini».
Non ti sembra strano che i tuoi amici a Roma facciano l’aperitivo mentre tu combatti?
«Sì, è strano.

Ma per me è anche un onore».

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