Il nome di Alfieri imbarazza il Pd: niente veti ma la candidatura sfuma

Il nome di Alfieri imbarazza il Pd: niente veti ma la candidatura sfuma
di Adolfo Pappalardo
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Mercoledì 10 Gennaio 2018, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 12:46
Basta conoscere, appena appena, le liturgie dei partiti alla viglia delle elezioni per capire come l'incontro di ieri non sarebbe stato risolutivo. Lì al Nazareno, per un paio d'ore, discutono la segretaria regionale Susy Tartaglione con i vertici del Pd. C'è Matteo Renzi, il vice Martina, il presidente Orfini e l'uomo delle strategie Lorenzo Guerini con i due rappresentati delle mozioni di minoranza Emiliano e Orlando. Quadro generale, elenco di chi si è reso disponibile a scendere in campo e discussione generale. Con vertici nazionali sul tasto «versione ascolto». E basta.
Il cammino per la lista definitiva è ancora lungo e sarà caratterizzato dal tentativo generale di evitare la tagliola dell'uninominale (in cui il Pd rischia di raccogliere pochissimo in Campania) senza un paracadute nel proporzionale. Chi punta al maggioritario è invece il pediatra Paolo Siani, che oggi vede Renzi prima di ufficializzare la sua candidatura. Uno dei nomi su cui punta moltissimo il segretario Pd che ha sollecitato la sua referente regionale a lavorare in questa direzione. Meno nomenklatura e più gente nuova slegata dai partiti. Nomi che Matteo Renzi continua a cercare convinto come è che la sua autocandidatura in Campania (oltre a Firenze e Lombardia) non può capovolgere le sorti di un destino non roseo per i democrat («La sua decisione di candidarsi anche nella nostra regione è una bella notizia per il Pd campano e un ulteriore stimolo a dare tutto in una campagna elettorale che deve vederci tutti in prima linea», commenta ieri Assunta Tartaglione).
Con i collegi dati per persi se non un paio abbordabili tra Napoli e Salerno e 14 posti tra Camera e Senato, se tutto va bene, nel proporzionale dove in queste ore sono alla ricerca forsennata gli uscenti. Che poi è questione di bilanciamento tra le correnti. Da Napoli, da via Orsini, è solo possibile insistere sui collegi ma per il listino decidono a Roma i vari capiarea con la maggioranza (circa 11 posti) al gruppo renziano da dividere tra le varie correnti, 1 posto per la mozione Emiliano e 2 a quella che fa riferimento al gruppo del ministro della Giustizia. Posti sicuri su cui decideranno i vertici del partito per poi passare alla parola finale di Matteo Renzi che continua a cercare esponenti della società civile.
Con una serie di altri nodi da sciogliere. Anzitutto quello dei consiglieri regionali, praticamente tutti, che hanno chiesto la deroga (Topo, Raia, Marrazzo, Marciano, Oliviero, D'Amelio e Graziano). Per loro, se vogliono correre, solo il posto nei collegi senza paracadute nel proporzionale. E alla fine, probabilmente, si candideranno solo Rosetta D'Amelio (ma lì in Irpinia il traffico è ingolfato perché ci sono gli alleati centristi Angelo Antonio D'Agostino e De Mita jr da sistemare) o il casertano Stefano Graziano su cui Renzi stesso vuole puntare in chiave garantista (dopo l'inchiesta che è stata archiviata) contro i grillini. Così come tocca decidere sugli europarlamentari. Pina Picierno vorrebbe tornare a Roma («L'Erasmus è finito», scherza con gli amici) ma con il via libera a lei, uguale sorte dovrebbero ricevere anche le altre 4 capilista che Renzi mise in pole alle Europee.

 

Sulle deroghe, un tema da sempre sensibile nel Pd, ancora nessuna decisione è stata presa. A chiederla però solo il salernitano Tino Iannuzzi mentre Salvatore Piccolo ha già ufficializzato di voler lasciare il suo impegno al Parlamento. Ma anche su questo punto serve una regola nazionale che valga per tutti anche se su Ianuzzi c'è un pressing del governatore De Luca che in questa partita non è certo alla finestra. Oltre al lavoro in campagna elettorale ovviamente l'ex sindaco di Salerno sponsorizza un paio di nomi. Naturalmente quello del primogenito Piero che avrebbe un posto nel listino e non in un collegio in uno scontro faccia a faccia. Troppo pericoloso anche quello di Salerno dove dovrebbe andare Iannuzzi per far scattare sì la deroga. E su questo lavora il governatore. Appese ad un filo rimangono le sorti di Franco Alfieri, l'ex sindaco di Agropoli e attuale capo staff di De Luca alla Regione. Cinque anni fa fu fatto fuori dai vertici Pd. Il suo nome è stato avanzato, come tutti gli aspiranti, dal partito di Salerno e fatto ieri a Roma assieme agli altri. Non è stato posto un veto, non è uscito un sibilo sul suo nome da parte dei vertici Pd. Compreso Lorenzo Guerini che cinque anni fa nel corso di una infuocata assemblea a Napoli minacciò: «Se entra in lista lui, vado via io». Nulla. Ma stavolta De Luca non spingerebbe per lui, non vuole ritrovarsi tra le polemiche per dedicarsi alla corsa del primogenito. Ed è probabile che Alfieri avrà il secondo stop.
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