Rugby, All Blacks in redazione per onorare i caduti a Montecassino

Rugby, All Blacks in redazione per onorare i caduti a Montecassino
di Paolo Ricci Bitti
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Sabato 24 Novembre 2018, 00:43 - Ultimo aggiornamento: 10 Ottobre, 12:34

Leggono i titoli di “The Stars and stripes” sulla battaglia di Montecassino e i loro visi per un momento si rabbuiano. Poi si stringono fra di loro e riprendono a sorridere. Nella sala della riunione di redazione de Il Messaggero la delegazione degli All Blacks rende omaggio al coraggio delle centinaia di neozelandesi caduti nel Lazio nel 1944 mentre combattevano contro l'esercito nazifascista per la nostra libertà.

Tra Il Messaggero e quei giovani soldati, i cui nipoti affronteranno gli azzurri allo stadio Olimpico, c'è un legame che risale a quel terribile anno di guerra. All'ingresso della Tipografia una targa dorata ricorda che in via del Tritone dal 5 giugno del 1944, nella capitale liberata da poche ore, il sergente capo Irving Levinson venne accolto con la sua redazione mobile di cronisti da prima linea e di linotypisti con le stellette per stampare The Stars and Stripes, il quotidiano dell'esercito Usa fondato nel 1861 per “coprire” ogni conflitto in cui fossero impegnati soldati americani.

“We're in Rome” è il titolo del primo numero “tirato” nella già storica sede del Messaggero. Così, quando la redazione volante di “The Stars and Stripes” smobilitò di nuovo per seguire i progressi dell'avanzata verso nord, il sergente Levinson volle lasciare quella targa per ringraziare i colleghi del quotidiano romano per il loro sostegno in quei giorni in cui mancava quasi tutto nella città stremata.



E sono tante le pagine dedicate da “S&S” al coraggio e all'eroismo dei militari neozelandesi in particolare nella lunga e durissima battaglia di Montecassino, dal gennaio al maggio 1944: la possibilità di leggere quei reportage, conservati al Messaggero, e di vedere dove il giornale venne stampato ha spinto una delegazione dello staff degli All Blacks ad accogliere l’invito di fare visita al Messaggero: un modo per onorare di nuovo i loro caduti, 456 dei quali sono seppelliti a Cassino nel cimitero del Commonwealth, tappa immancabile per gli All Blacks ogni volta che capitano a Roma.

Ecco allora in via del Tritone la delegazione in rappresentanza del gigantesco staff della Nuova Zelanda (21 persone) che comprendeva anche il trequarti centro degli All Blacks Scott McLeod (10 caps, ora allenatore della difesa), il team manager e mental skills coach Gilbert Enoka (248 partite nello staff dei "Tutti neri", record assoluto), l'allenatore della mischia Mike Cron (Doctor Scrum, 203 partite dal 2002, altro record mondiale di longevità tecnica), Joe Locke (capo media manager) e George Duncan (capo staff fisioterapisti). La “striscia” di presenze di Enoka e Cron, in particolare, ha del fenomenale se si considera la loro capacità di restare al vertice di altissime competenze professionali in un ambito in costante evoluzione tecnica e persino tecnologica.
Enoka, inoltre, è parte integrante del brillante libro-saggio best seller, non solo in Nuova Zelanda, "Legacy, 16 lezioni sulla leadership" scritto da James Kerr che ha avuto il privilegio di trascorrere un lungo periodo "embeddato" tra gli All Blacks. 

IL CRONISTA IN ALLENAMENTO CON GLI ALL BLACKS

Commovente la loro emozione nel leggere delle fasi delle quattro durissime battaglie di Montecassino in cui si distinsero i soldati del 28° Battaglione Maori che nel conflitto perse 340 morti dei 3.600 effettivi iniziali, di cui 1.200 riportarono ferite.

Il loro coraggio venne esaltato anche dal generale tedesco Erwin Rommel che li temeva in particolare nei combattimenti ravvicinati e per l’abilità nell’infiltrarsi dietro le linee nemiche.
 

 


Come ha ricordato la delegazione in visita al Messaggero, degli attuali All Blacks il mediano di mischia TJ Perenara ha uno zio sepolto a Cassino, mentre il nonno paterno del capitano Kieran Read riuscì a sopravvivere a quelle battaglie. Entrambi i giocatori saranno titolari contro l’Italia. E sono due gli All Blacks che riposano in quel cimitero. Oltre la metà del contingente neozelandese a Roma in questi giorni ha origini almeno in parte maori e così è assai frequente che in ogni famiglia kiwi ci sia un legame con Montecassino. Negli anni ‘40 la Nuova Zelanda contava appena 2.5 milioni di abitanti, un terzo dei quali Maori. Un Paese che pagò un altissimo tributo di sangue sacrificando una generazione di giovani venuti a morire dall’altra parte del mondo.

Il rapporto dei Maori con Montecassino è così stretto che soprattutto nei villaggi dell’Isola del Nord della Terra della lunga nuvola bianca molti bambini, alla fine della II guerra mondiale, vennero chiamati Monty.

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Ad accogliere al Messaggero la delegazione All Blacks – alla loro prima visita in un quotidiano non neozelandese - il vicedirettore Alvaro Moretti che li ha guidati fra le varie redazioni del quotidiano. Tantissime le domande dei componenti dello staff, accompagnati dal reporter e scrittore loro connazionale Ian Borthwick, da tempo a Parigi dove è stato anche grande inviato per L’Equipe e che ha lavorato a lungo per consentire la visita in via del Tritone.

Con curiosità gli ospiti hanno appreso che la parola “rugby” è apparsa per la prima volta in un quotidiano italiano proprio sul Messaggero il 20 marzo 1906, inserita nella stringata ma avvincente cronaca di una partita a piazza D’Armi fra atleti della Virtus fra i quali tre dei quattro figli di Matilde Serao ed Edoardo Scarfoglio, fondatori del Mattino, il quotidiano napoletano che fa parte dello stesso gruppo editoriale del Messaggero. E complimenti sono stati espressi, dalla delegazione di un Paese così giovane come la Nuova Zelanda, per l'anniversario dei 140 anni dalla fondazione del Messaggero, di sei anni prima della prima partita ufficiale della nazionale neozelandese.

Un exploit, quello del 1906, che restò a lungo senza seguito in Italia.

E 38 anni dopo furono proprio i soldati neozelandesi a mostrare per la prima volta il rugby di qualità dell’emisfero sud agli italiani nelle partite fra battaglioni allestite durante le tregue.

In dono lo staff degli All Blacks ha ricevuto copie delle pagine di The Stars and Stripes e del Messaggero, compresa l’edizione del quotidiano romano del 16 settembre 1905, giorno in cui è ufficialmente nato, in Europa, il nome All Blacks, complice una lettera “L” di troppo nel termine Backs (attaccanti) inserita, per un malinteso fra cronista sul campo e redattore, nel resoconto del primo match (stravinto dai neozelandesi) del tour in Inghilterra della squadra denominata The Originals. E’ l’inizio dell’epopea degli imbattibili All Blacks in cui la Nuova Zelanda si è ben presto identificata in pieno, come ha raccontato Gilbert Enoka in un’intervista al Messaggero TV realizzata durante la visita.
 


Nel frattempo il media manager Joe Locke ne ha approfittato per farsi spiegare l’organizzazione della redazione Sport dal responsabile Massimo Caputi.

La delegazione ha poi donato al direttore del Messaggero Virman Cusenza una maglia All Blacks – edizione speciale non in commercio  – firmata da tutti i giocatori del Northern Tour 2018.

Immancabile una sosta nella terrazza che abbraccia tutta Roma.

E poi, prima di lasciare la redazione, tante foto e tanti autografi con cronisti e impiegati del quotidiano.

Paolo Ricci Bitti

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