Rugby, Sei Nazioni: la festa all'Olimpico, la grinta di Parisse e la “maledizione del 14”

I capitani azzurri: da sinistra, Michele Lamaro (under 20), Sara Barattin e Sergio Parisse
di Paolo Ricci Bitti
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Lunedì 22 Gennaio 2018, 17:47 - Ultimo aggiornamento: 24 Gennaio, 14:50

Sei Nazioni per la diciannovesima volta (per noi, 124a per gli altri, il che fa sempre un certo effetto): ripartiamo dalle sicurezze.  Ovvero dall’Olimpico, che il 4 febbraio sarà al completo per accogliere in 60mila l’Inghilterra campione in carica, e dal pronostico, che ci vede graniticamente ultimi, ultimissimi, condannati di nuovo al cucchiaio di legno, 5 ko su 5.

E sarebbe l’ottavo e disdicevole utensile (terzo di seguito, mannaggia) appunto in 19 edizioni in cui abbiamo raccolto appena 12 vittorie e un pareggio in 90 partite, senza dimenticare l'ormai incombente "maledizione del 14".

“E’ il Sei Nazioni, bellezza, e non ci si può fare niente”. Insomma Italia condannata ad abitare nel Paradiso del rugby, nel torneo più antico del mondo che continua a macinare record di business e di pubblico e di spettacolo. Ci sono condanne peggiori, effettivamente.

E ancora una volta, nonostante le indicibili quote degli allibratori sui match degli azzurri, la presentazione del NatWest Championship nel Salone d’onore del Coni ha assunto i toni dell’attesa allegra, della festa con musica che invitava al ballo, paradosso ovale che si perpetua dall'anno 2000 e che resta italianamente incomprensibile per tanti: quale nazionale, dalle nostre parti in cui tutto si perdona tranne la sconfitta, conta tanto seguito appunto con la miseria 12 vittorie in 90 partite in 18 anni? Quale sport schiera 100mila tesserati ricavando dalle proprie iniziative il 90% del bilancio, attingendo quindi solo in minima parte alle risorse pubbliche?    

 



Nella cerimonia al Comitato olimpico sponsor di rango come Crédit Agricole-Cariparma hanno sottolineato al presidente federale Alfredo Gavazzi l’affetto con cui sostengono gli azzurri da 12 anni; DMax (Discovery) ha raddoppiato la durata dell’accordo con la Fir: altri 4 anni, copertura fino al 2021 di tutti i match, compresi quelli della nazionale femminile su Eurosport 2, ricorda fiero il general manager Alessandro Araimo; il ministero dei Beni culturali ha persino rafforzato il progetto Quarto tempo-Mibact che permette ai tifosi che hanno in tasca il biglietto del Sei Nazioni di entrare gratis nei musei della Capitale, circostanza che all’estero suscita un sacco di ammirazione, identica allo stupore bambino che innesca il villaggio del Terzo tempo Peroni ambientato fra i marmi del Foro italico, ora più trascinante dei picnic di Twickenham o dei cori di Cardiff.


I capitani azzurri: da sinistra, Michele Lamaro (under 20), Sara Barattin e Sergio Parisse


E poi dal presidente del Coni, Giovanni Malagò, all’assessore allo Sport del Campidoglio, Daniele Frongia, alla Regione Lazio hanno ricordato l’indotto, in euro e in valori sociali, di cui Roma non potrebbe più fare a meno. Per dire: con le tasche zeppe di sterline saranno quasi 20mila i fedeli inglesi al seguito dei Bianchi, e sempre senza costare un centesimo di ordine pubblico.

Malagò ha anche raccordato il clima di un match di rugby, con i tifosi delle squadre mai divisi sulle gradinate o nei brindisi, al “miracolo” dello sport che presto unirà le due Coree ai Giochi olimpici invernali.

Una festa, quella di ieri al Coni, condivisa dai ragazzoni della nazionale maggiore guidata da Sergio Parisse con gli azzurrini dell’under 20, timonati adesso dal romano Michele Lamaro, e con le azzurre assai ringiovanite affidate ancora della veterana Sara Barattin, perché ai rugbysti piace stare con tutta la famiglia.



Epperò, in mezzo a questo giubilo, sono stati proprio il capitano Parisse e il ct O’Shea a ricordare che loro ci mettono la faccia e che quindi non scenderanno mai in campo senza essere convinti di potere battere gli avversari, fossero anche gli inglesi numero 2 al mondo oppure gli irlandesi numero 3, nel secondo turno. Poi ancora in trasferta con Francia (con la novità della soiree a Marsiglia, il 23 febbraio) e Galles e infine chiusura a Roma il 17 marzo con la Scozia sempre più sfavillante.

«Giochiamo tutte le partite per vincere, ma per noi è importante anche la prestazione. I valori dei rivali li conosciamo, sono tutti forti e molto più forti di noi, ma andiamo valutati pure per i progressi a cui puntiamo», ha detto il tecnico irlandese degli azzurri che sta ricostruendo l’intero movimento italiano pur sapendo che non ne raccoglierà i frutti più maturi.

 
 


E Parisse: ««Se firmerei per chiudere il torneo con una sola vittoria? No, firmerei per cinque partite che all'80' siamo ancora lì a giocarcela, perché vincerne una e poi prendere 50 punti a quella dopo non va bene. L'obiettivo è la continuità, che è sempre stato il nostro punto debole, non ci possiamo più permettere alti e bassi. Io che un po' di esperienza ce l'ho (34 anni, 129 caps di cui 60 nel Sei Nazioni) mi rendo conto che questo gruppo sta crescendo davvero tanto. Ora mi piacerebbe concretizzare questa crescita con i risultati positivi. Vogliamo toglierci delle soddisfazioni e sono entusiasta dei tanti giovani che sono entrati a far parte del gruppo: il futuro non ci manca, statene certi».

La maledizione del 14
E l'incombente "maledizione del numero 14"? Già, meglio iniziare subito gli esorcismi per questo imminente Torneo. Gli azzurri nel Torneo non vincono in casa dal sontuoso 2013 (due successi e un quasi gol  a Twickenham) e non vincono proprio dal 2015 (in Scozia). Così adesso siamo a 12 ko consecutivi. Il record funesto non è lontano: è  14. Dopo il debutto assoluto nel torneo nel 2000 con la clamorosa vittoria al Flaminio sulla Scozia campione in carica, la matricola Italia le prese per tutto il resto del torneo e poi anche nel 2001 e nel 2002. L'avventura azzurra nel Sei Nazioni scricchiolava sinistramente: la notte della 14a sconfitta ci si teneva la testa fra le mani pensando che nel 2003 si sarebbe ripartiti dal match al Flaminio con il Galles, squadra mai superata anche nella fase sfolgorante pre-Sei Nazioni del rugby italiano alla fine degli anni Novanta in cui battemmo, e a più riprese, Scozia, Irlanda e Francia. Ebbene, il 15 febbraio del 2003, a Roma c'era tutta la cornice del funerale: appena 16mila tifosi al Flaminio (sì, solo 16.000) ma la metà esatta erano gallesi che parevano pure il doppio perché indossavano tutti la maglia rossa con le piume sul petto. Che desolazione, anche agli occhi di chi ci aveva invitati nel Torneo più prestigioso del mondo. Invece del De Profundis, però, gli azzurri intonarono fino alla fine Fratelli d'Italia vincendo, ancora contro ogni pronostico, 30-22. Il viaggio nel Sei Nazioni ripartiva.

Adesso però siamo di nuovo a ridosso di quel "14": siamo a 12 ko consecutivi in attesa di affrontare l'Inghilterra e l'Irlanda che nel ranking mondiale hanno davanti solo gli All Blacks. Durissima. Di più. E la quindicesima partita, allora? No, non ci saranno né Roma né il Galles, ma la Francia nell'insolita partita del venerdì sera e a Marsiglia, non a Parigi. Con i bleus affidati nelle settimane scorse proprio a uno che ci consoce a menadito, Jacques Brunel, l'ultimo coach con cui l'Italia ha vinto nel Sei Nazioni. Insomma, sotto con gli esorcismi, anche per trovare il tempo di capire perché dal 2003 al 2018 ci ritroviamo di nuovo così indietro. Ma allora non siamo cresciuti di un'unghia? No, no, crescere siamo cresciuti, pur fra mille sbagli: ora è tutto un altro rugby il nostro, ma gli altri nel frattempo sono migliorati ancora più in fretta, in gran parte perché il formidabile moltiplicatore del professionismo (che nel rugby è arrivato solo nel 1995) ha fatto leva su trisecolari ambienti sportivi, culturali, sociali e politici che tutt'ora in Italia non esistono o si intravedono appena. Per non dimenticare da dove veniamo torna sempre utile questo confronto tra Frascati e Llanelli (Galles), 1972. 
 


Il calendario 

Primo turno. Sabato 3 febbraio: Galles-Scozia (ore 15.15); Francia-Irlanda (17.45). Domenica 4: Italia-Inghilterra (16.00).
Secondo turno. Sabato 10 febbraio: Irlanda-Italia (15.15); Inghilterra-Galles (17.45). Domenica 11: Scozia-Francia (16.00).
Terzo turno. Venerdì 23 febbraio: Francia-Italia (21.00, a Marsiglia). Sabato 24: Irlanda-Galles (15.15); Scozia-Inghilterra (17.45).
Quarto turno. Sabato 10 marzo: Irlanda-Scozia (15.15); Francia-Inghilterra (17.45). Domenica 11: Galles-Italia (16.00).
Quinto turno. Sabato 17 marzo: Italia-Scozia (13.30); Inghilterra-Irlanda (15.45); Galles-Francia (18.00). 
Tutti i match in diretta e in chiaro su DMax, canale 52 digitale terrestre.
(biglietti: www.federugby.it)

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