Oppure la creazione dei primi, rudimentali Roma Shop e questa cosa, quaranta e passa anni fa, sembrava davvero avvenieristica. E, soprattutto, pensò alla creazione di un centro sportivo tutto per il club giallorosso. Da lì, la nascita di Trigoria, di quello che sarebbe diventato il “Fulvio Bernardini”; che non era bello e attrezzato come oggi, ma che già in quei tempi dava l'idea di una cosa lanciata verso il futuro. E di rivoluzionario, almeno a queste latitudini.
Se Trigoria rappresenta il suo fiore all'occhiello, non va dimenticata la passione che Anzalone aveva per il settore giovanile, curato forse ancor più della prima squadra attraverso la scelta di uomini che via via portarono al Tre Fontanme e a San Tarcisio ragazzi che si chiamavano Rocca, Bruno Conti o Di Bartolomei. Era la Primavera guidata da Giorgio Bravi, e con Giorgio Perinetti nelle vesti di accompagnatore, che vinceva tutto quello che c'era da vincere, e che regalava ai tifosi giallorossi soddisfazioni che la Roma dei grandi non riusciva proprio a dare. Anzalone da presidente ha portato a casa solo un trofeo, l'Anglo-Italiano, nulla di straordinario ma la gente gli voleva bene come se con lui avesse vinto all'ombra del Cupolone un mare di scudetti. Perché era un uomo sincero, uno che non si nascondeva e che parlava sempre in maniera diretta, chiara. Mettendo in piazza anche i problemi legati alla gestione della società. E così non soltanto si faceva capire, ma otteneva il rispetto degli altri.
E fu lui che convinse Nils Liedholm a scendere la prima volta nella Capitale per allenare la Roma, anno 1973, dimostrando di conoscere bene uomini e professionisti. E venne ripagata da un terzo posto che, in città, venne salutato come una Coppa dei Campioni.
Ha guidato da Roma per otto anni, dal 1971 al 1979, prima di consegnarla nelle mani dell'ingegner Dino Viola. Facile dire, allora, che Anzalone sia stato il tramite tra la Rometta di fine Anni Sessanta e la Magica Roma degli Anni Ottanta. Non poco, se ci pensate bene.
© RIPRODUZIONE RISERVATA