US Open, Berrettini: da terraiolo a giocatore moderno

Berrettini
di Angelo Mancuso
3 Minuti di Lettura
Venerdì 6 Settembre 2019, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 15:02

Ma non eravamo un popolo di terraioli, di tennisti che servono benino, ma non troppo? Magari un po’ pigri e inclini al lamento? Matteo Berrettini sta disintegrando luoghi comuni e bla, bla, bla. «Un esempio per lo sport italiano», ha detto il Presidente della Fit Angelo Binaghi. È in semifinale agli US Open 42 anni dopo Barazzutti. Sul cemento, però, perché in quel 1977 lo Slam newyorkese si giocò per l’ultima volta sulla terra verde di Forest Hills. Alcuni successi vanno oltre il senso puramente tecnico, perché il tennis non è soltanto servizi, diritti e rovesci. La partita vinta dal 23enne romano su Monfils, per i 5 set chiusi dal tie break, per i 4 match point falliti, soprattutto il primo coinciso con un doppio fallo che ha fatto rischiare l’infarto, è stata la più bella del torneo. «Una cosa che ho imparato è non portarmi dietro le brutte sensazioni dopo le occasioni fallite», racconta Matteo. 

SEGRETI
Sono giustamente custoditi dal coach Vincenzo Santopadre, coadiuvato dal tecnico federale Umberto Rianna, dalla famiglia e da chi gli sta accanto. La loro scommessa, perché a 14 anni di questo si tratta se un ragazzino e un allenatore puntano al professionismo, la stanno vincendo insieme. Hanno messo la costruzione del giocatore al primo posto, relegando il presente in un angolino e pensando al futuro. Cose che tutti dicono, ma in pochi fanno davvero. E’ diventato un giocatore moderno, capace di vincere dovunque: era convinto che la sua miglior superficie fosse la terra rossa, ma ha raggiunto gli ottavi sull’erba di Wimbledon e la semifinale sul cemento degli US Open. «Sapevamo quanto sarebbe stato lungo questo viaggio iniziato 10 anni fa - racconta Santopadre - per noi Matteo è più di un giocatore, siamo fieri di lui. E’ incredibile il lavoro che ha fatto, ci ha messo tutta l’energia possibile. Prova a spingersi sempre oltre i suoi limiti, a migliorarsi». Erano due le priorità: correggere il modo di stare in campo del ragazzone romano, spingendolo più vicino alla riga di fondo, e lavorare sulla prevenzione degli infortuni, vizio di un fisico massiccio, per rendere quei 196 cm di altezza un punto di forza. Servizio e diritto devastanti da uno-due, rovescio enormemente migliorato. «Va rispettata la crescita fisica e mentale - aggiunge l’allenatore pure lui romano - diventare un giocatore vero è un percorso delicato. L’arrivo del mental coach Stefano Massari lo ha aiutato. Nell’ultimo anno stiamo cercando di dare a Matteo sempre più libertà di espressione».

VOGLIA DI STUPIRE ANCORA
Oggi (in Italia non prima delle 23.30 su Eurosport) contro Rafa sembra una “mission impossible” come lo era stata a Wimbledon contro Federer. Pronostico dettato dall’enorme differenza di esperienza e non solo. Inoltre più ci si avvicina alle fasi finali, più colui che Berrettini ha definito il «greatest fighter of all time» sente l’odore della preda. «Io sono sicuro che non finirà come con Federer».

Parola di Santopadre.

© RIPRODUZIONE RISERVATA