L’assalto della mafia foggiana a Pescara, capi e gregari davanti al giudice: la maxinchiesta

In ottomila pagine di indagini gli investigatori della guardia di finanza, diretti dal colonnello Antonio Caputo, hanno disegnato il mondo sommerso

L’assalto della mafia foggiana a Pescara, capi e gregari davanti al giudice: al via la maxinchiesta
di Patrizia Pennella
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Venerdì 26 Aprile 2024, 07:51

Venticinque imputati, sette parti offese, udienza fissata al prossimo 4 giugno: arriva al primo passaggio giudiziario la maxinchiesta della procura distrettuale antimafia sulle infiltrazioni della mafia foggiana in provincia di Pescara. Case in pieno centro, aziende aperte e chiuse come scatole di cioccolatini, prestiti a usura ed estorsione. Minacce e schiaffoni come metodo di recupero crediti. In ottomila pagine di indagini gli investigatori della guardia di finanza, diretti dal colonnello Antonio Caputo, hanno disegnato il mondo sommerso che ha aggredito imprenditori in difficoltà, accompagnandoli verso la rovina, che ha finanziato e gestito imprese ed esercizi commerciali intestati fittiziamente ad altre persone per aggirare la normativa in materia di misure di prevenzione patrimoniali.

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I personaggi coinvolti

Denis Barbieri, Raffaele Bonaventura, Anna Boniello, Angelo Salvatore Bonsanto, Vincenzo Pio Capobianco, Luciano Clema, Raffaele Colanero, Federico Colapietra, Antonio De Marco, Simona Dell'Oglio, Ernesto Moreno Di Matteo, Angelo Falcone, Michelangelo Saverio Falcone, Leonardo Mainiero, Alessandro Marasco, Giovanni Marasco, Rita Anna Moretti, Cesare Pallotta, Stefania Pennoni, Lisa Pepi, Paolo Pepi, Giovanni Putignano, Alessandro Rossoni, Luciano Russo, Simone Toro sono, con diversi ruoli ed imputazioni, i personaggi coinvolti.

E alcuni, come Rita Anna Moretti, non sono personaggi qualunque: lei è figlia e sorella d'arte di papà Rocco e di Pasquale, tutti e due in carcere. Due mesi fa la Dia di Foggia a Rocco Moretti ha sequestrato beni per due milioni e mezzo di euro. Eppure lui, fuori dal carcere, dal 1989 ad oggi ha trascorso in tutto venti mesi.

Il vertice

È il capo riconosciuto della batteria Moretti-Pellegrino-Lanza, quella a cui alcuni degli indagati con la posizione più complessa farebbero riferimento. Un clan che, secondo gli investigatori pugliesi, non ha mai perso nel tempo la sua vocazione affaristica. Proprio in riferimento ad alcuni tentativi di estorsione contestati i sostituti procuratori della repubblica Roberta D'Avolio e Luca Sciarretta evidenziano come la «dinamica estorsiva sia stata posta in essere mediante l'utilizzo della forza di intimidazione mafiosa, derivante dal vincolo associativo facente capo all'organizzazione mafiosa denominata Società foggiana».

Il metodo

Nella rete di due dei componenti del gruppo, Angelo Falcone e Angelo Salvatore Bonsanto, erano finiti anche i componenti di una famiglia pescarese, imprenditori conosciutissimi nel settore della ristorazione: erano partiti con un prestito da centomila euro lievitato nel coso del tempo attraverso la consegna di «somme di denaro, assegni e cambiali di importo imprecisato - si legge nella richiesta di rinvio a giudizio - e infine la consegna di un appartamento in via Regina Elena a Pescara del valore di circa trecentomila euro, con applicazione di un tasso usurario pari ad oltre il 453,46% su base annua». Un'avventura non diversa da quella in cui è incappato un commerciante di auto al quale alcuni degli indagati, tra cui Angelo Falcone e Rita Anna Moretti, avrebbero secondo l'accusa prestato soldi si in via autonoma, consegnando somme di denaro, sia concedendo dilazioni sul pagamento di alcune vetture fornite per l'ammontare complessivo di circa trecentomila euro. «Pretendendo dallo stesso - si legge nella richiesta di rinvio a giudizio - la corresponsione di interessi usurari, pari in alcuni casi anche al 200% su base mensile e da ultimo la restituzione di somme di denaro pari complessivamente a circa un milione di euro, parte delle quali corrisposte in contanti, assegni, cambiali bonifici bancari nonché con consegne di autovetture».

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