Rio 2016, rischio guerra fredda per il doping di Stato

Rio 2016, rischio guerra fredda per il doping di Stato
di Marco Ventura
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Mercoledì 20 Luglio 2016, 11:06 - Ultimo aggiornamento: 14:24
LA POLITICA
ROMA Una partita diplomatica che ha tutto il sapore della guerra fredda si gioca tra Stati Uniti e Russia, una partita che ha il retrogusto amaro del doping di Stato e coinvolge Cremlino e Casa Bianca, presidenti, ministri degli Esteri, autorità sportive, naturalmente i servizi segreti. La Russia risponde colpo su colpo al rapporto Wada e alle accuse fatte trapelare dall'Agenzia anti-doping statunitense, con Vladimir Putin che annuncia la sospensione dei dirigenti eventualmente smascherati, fa intanto sospendere dal premier Medvedev il vice-ministro dello Sport, Iuri Nagornykh, maggiormente compromesso, mentre continua a difendere il ministro, Vitaly Mutko, perché «non direttamente» citato nel rapporto. E muove sullo scacchiere diplomatico il ministro degli Esteri, Serghiei Lavrov, che in una telefonata all'omologo americano, John Kerry, definisce senza mezzi termini anti-russe le richieste avanzate dall'Antidoping a stelle e strisce.
RITORNO AL PASSATO
Secondo il Cremlino «c'è una pericolosa ricomparsa della politica che interferisce con lo sport», ma la Russia «non intende boicottare le Olimpiadi». Evocazione che rimanda ai Giochi di Mosca 1980 e Los Angeles 1984, al boicottaggio incrociato di Carter e poi Cernenko che azzoppò entrambe le Olimpiadi sull'onda delle polemiche per l'invasione sovietica dell'Afghanistan. Oggi di nuovo i rapporti tra Russia e Stati Uniti, tra Putin e Obama, corrono su un percorso a ostacoli, aggravato dal tentato golpe in Turchia per il quale il presidente Erdogan muove sospetti ed evoca la manina americana, sullo sfondo della persistente crisi in Ucraina dopo l'annessione di fatto della Crimea, e con le aviazioni russa e americana che bombardano in Siria avendo però obiettivi fisici e politici divergenti (rispettivamente pro e contro Assad). È così che agli occhi dei russi assumono un colore politico anche le mosse dell'Agenzia anti-doping Usa, che in un dossier accusa i vertici di Mosca d'aver coperto centinaia di casi di atleti dopati e invita a escludere l'intera squadra da Rio e non solo. La lettera, che qualcuno ha passato all'agenzia di stampa americana Associated Press, secondo Mosca contiene «richieste provocatorie anti-russe al Comitato olimpico», al punto che Lavrov avrebbe «espresso a Kerry tutto quello che pensava». Nulla di buono, evidentemente, anche se il Dipartimento di Stato americano si è ben guardato, dopo, dal commentare.
LA VIA DIPLOMATICA
Tuttavia, come sempre in questi casi, si lavora tra cancellerie per una soluzione di compromesso che salvi la faccia al Cremlino ma punisca i singoli atleti dopati. La guerra del doping, del resto, passa anche attraverso provette e laboratori. Un déjà vu pure questo. Diplomaticamente il portavoce del Cremlino, l'intramontabile Dmitri Peskov, avverte che «la squadra russa si sta preparando alle Olimpiadi», e che la Russia non vuole «danneggiare il movimento olimpico». E il ministero dello Sport aggiunge che aspetta di ricevere i rapporti ufficiali per poter avviare una propria inchiesta. La guerra delle bombe di doping continua.