E l’Italia a subire, anche chiamando un paio di challenge (cioè l’occhio magico) che si capiva senza possibilità positive ma tanto per allungare il brodo del set e non consegnarsi passivamente. Il secondo set partiva un po’ meglio: perfino un break azzurro, con l’Italia che andava avanti sul 9 a 5, ma presto il Brasile riacciuffava i fuggitivi e l’Italia si teneva su con qualche (pochi) errore altrui e qualche spunto d’orgoglio da parte nostra. Era poco, troppo poco per poter sperare in un rovesciamento delle posizioni e dunque del risultato. Erano piccoli lampi in un temporale tutto brasiliano e quando si cercava di fare di più, si strafaceva. E strafaceva bene l’Italia quando il Brasile saliva a quota 23 e gli azzurri erano a 17. Risalivano, fino al 24-23 per i sudamericani che al primo set ball si prendevano la frazione del match, 25 a 23 dunque il parziale.Il terzo set partiva con un errore azzurro in battuta, un bel muro, un altro errore di misura ancora servendo, una parallela vincente, una battuta lunga ed erano tre sbagli a seguire che andavano a far parte dei 17 errori totali al servizio. Bisognava venir su dal pozzo della disperazione.
Gli azzurri di quando in quando piantavano il chiodo dell’ascesa, ma brutalmente il Brasile li ributtava giù. Erano punti “cattivi” i loro, veloci, tagliati, arroganti perfino; i nostri più velleitari che altro.
Al time out dei 16 punti l’Italia era sotto di quattro. Per salire a 5 il brasiliano Lucarelli ci metteva uno straordinario ace. Poi avanti un punto per uno che raffreddava anche il calore e il colore del Nelson Mandela Forum e, se sarà, sarà bronzo. Che per quanto lo si possa lucidare luccca meno dell’oro. Ma mica devi essere per forza il più forte: è bello se lo sei ma può capitare che lo siano gli avversari e stavolta lo sono stati. E Zaytsev che ci salvò in un set contro gli Usa con quattro aces ha fatto rimbalzare la palla al centro delle rete sull’ultima battuta, quella del 25 a 20 per il Brasile.